Roma capitale indiscussa del traffico di cocaina

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Va’ e annuncia ai Romani che la volontà degli dei celesti è che la mia Roma diventi la capitale del mondo” scrisse Tito Livio tra il 27 a.C. e il 14 d.C. in “Ab Urbe condita”. Oggi potremmo scrivere “Và e annuncia agli italiani che per volontà delle organizzazioni criminali di tutto il mondo Roma è diventata la capitale indiscussa della cocaina”.

Da caput mundi a capitale della coca, e sullo sfondo un Paese distratto, in crisi, un Paese a cui questa politica inadeguata, in perenne campagna elettorale e che occupa ogni centimetro di informazione, riesce a far credere che le sciagure dell’Italia dipendano da migranti e ius soli. Leggere le inchieste e provare a spiegarle richiede tempo e studio e la politica ha il dovere di studiare e spiegare, non di spaventare per guadagnare consenso. Chi ha deciso che non è importante capire come si muovono i flussi di denaro che condizionano le nostre vite? Va da sé che chi lo ha fatto ignora o finge di ignorare che dove le uniche società in attivo sono le mafie non c’è spazio per niente altro. Chi ha deciso che oggi la comunicazione politica – al pari di torte e gattini – deve essere veloce ed esaurirsi in migliaia di like? Magari chi lo ha deciso non sa che i like piacciono anche alle mafie, che anche le mafie frequentano i social: il pollice all’insù di Facebook, infatti, è il simbolo con cui una enorme partita di coca è stata marchiata in Sudamerica e spedita in Italia, una partita di coca purissima (“senza peli sulle gambe”, come la criminalità romana definisce la coca migliore, paragonandola al corpo di una donna), scoperta in un’inchiesta destinata a ridisegnare la mappa criminale del nostro Paese e a mostrarci chi in Italia oggi ha nelle mani il vero potere economico.

Chi vuole capire l’Italia oggi deve partire da queste inchieste. Babylonia e Tempio 2014 non sono serie tv o videogiochi, ma indagini dei Carabinieri coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma che, insieme a Luna nera realizzata dalla Guardia di Finanza, hanno portato lo scorso giugno, nel giro di una settimana, all’arresto di quasi cento persone e al sequestro di beni per centinaia di milioni di euro, svelando l’esistenza di vere e proprie organizzazioni mafiose totalmente romane. Da queste indagini, non solo è emerso che alcuni bar della capitale sarebbero diventati centrali di spaccio di droga attive 24 ore su 24, ma anche che decine e decine di attività commerciali, come caffè, ristoranti, pasticcerie e tabaccherie di Roma, sarebbero stati comprati riciclando i narcoeuro. Imbattersi in questi locali non è difficile, basta passeggiare per le strade della capitale, partendo dall’ora di colazione. Può capitare di fermarsi in zona Portuense a prendere un cornetto al Babylon Cafè di via Oderisi da Gubbio. O magari viene voglia di un dolce siciliano e si va al Mizzica! in via Catanzaro, vicino a piazza Bologna. Se nel pomeriggio, uscendo dalla metro a Piramide, ci accorgiamo di aver finito le sigarette, possiamo fermarci lì accanto, al Babylon Cafè di via Ostiense, che fa anche da tabaccheria. Per bere qualcosa la sera c’è il Macao di via del Gazometro, che non chiude mai. Ebbene, se durante la nostra giornata romana ci siamo fermati in almeno uno di questi esercizi commerciali, secondo la DDA avremo contribuito a finanziare un sistema fondato sul danaro delle reti criminali. Ne ho citati solo alcuni ma la mappa è molto più vasta: solo nell’operazione Babylonia sono stati sequestrati 46 tra bar, ristoranti, tabaccherie e sale slot, oltre a centinaia di immobili, conti bancari e quote societarie, per un valore complessivo di 280 milioni di euro.

Repubblica

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