Omicidio Cardillo, in aula le versioni contrastanti dei collaboratori di giustizia

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Quanti anni sono trascorsi. Ore e ore di udienze. Accusa e difesa che, ancora, affilano le loro armi. I capi d’accusa sono omicidi e racket. Si cerca, con il confronto dei collaboratori di giustizia, di ricostruire le trame. I fatti come sono andati. L’intero puzzle. La guerra tra i clan Di Biasi e Russo dei Quartieri spagnoli. Capire se sono veritiere le testimonianze di alcuni pentiti. Dalle rispettive aree riservate, in videoconferenza, Ciro Saporito e Raffaele Scala (clan Di Biasi). In effetti dalle loro deposizioni emerge un doppio binario. Tradotto: due versioni contrastanti. Chi dice la verità? Chi dice il falso? Due ricostruzioni della scena del delitto di Antonio Cardillo (1 agosto 2005) diametralmente opposte.

Famiglie rivali per il controllo degli stupefacenti e delle estorsioni. Domenico Russo, detto «Mimì dei cani», fu ucciso il 7 gennaio del 1999 all’esterno di una salumeria. Ecco l’escalation di omicidi tra le due famiglie.

Hanno assistito al processo Mario Di Biasi e il fratello Renato. Il primo dal carcere di Novara; il secondo dalla Casa circondariale di Milano Opera.

Le domande del pm Henry John Woodcock, durante la fase istruttoria dibattimentale (sede di contro esame), nella terza sezione della Corte d’Assise, sono rivolte a Ciro Saporito, il quale descrive quello che aveva visto in riferimento all’omicidio Cardillo: «Sentì degli spari, in via Emanuele Taddeo, angolo con via San Matteo, mi affacciai dal balcone e riuscì a vedere sia Mario di Biasi e sia Raffaele Scala che parlavano; la distanza era di venti, trenta metri dalla scena del delitto. Inoltre intravidi anche Salvatore Attanasio e Sergio Parmiggiano».

Quest’ultimi del clan Di Biasi. Ma la difesa non ci sta e affonda il suo colpo – tra l’opposizione del pm ad alcune domande e, il responso della corte – l’avvocato Umberto Cirielli (difensore di Luigi Di Biasi) ha chiesto, invece, al pentito Raffaele Scala, di esternare la sua versione a proposito dello stesso delitto e quindi del luogo. «In realtà subito dopo che ho sentito gli spari sono uscito, mi sono affacciato, ma dal balcone non si vedeva bene». Ecco che le trame si infittiscono ed il quadro diventa a tinte fosche. Alleanze ed intrecci tra clan. All’epoca i Russo con i Lo Russo intrattenevano rapporti. Relazioni e frequentazioni tra il braccio armato dei «capitoni» di Miano, Ettore Sabatino,  e «Mimì dei cani».

Ma dal carcere di Cuneo, Gaetano Russo, figlio di Domenico, tuttavia, risponde di non aver mai conosciuto ed incontrato l’esponente del gruppo criminale di Miano. E di non sapere nulla dell’esistenza di questa persona. Le conclusioni del pm Woodcock il prossimo 13 giugno in cui ci saranno anche gli ultimi testi: Lucia Perotti, Salvatore Terracciano e Losco Felice.

Mario Conforto

© Copyright Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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