Presto in libertà i “pupilli” dei Casalesi. Il clan progetta il rilancio?

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Pizzetto rosso da Mefistofele, occhialoni da Anthony Mcqueen nel film Tiburon e il pancione da boss: questo è Augusto La Torre, capostipite della famiglia di mafiosi di Mondragone, pronto a uscire dal carcere tra qualche anno. La sua storia sembra venuta fuori da un fumetto di Diabolik.

Ma il re del crimine dei fumetti non perisce mai. Mentre Augusto La Torre e il suo clan, per un lungo periodo, sembravano morti e sepolti. Non è così. Le «storie nere» di La Torre, il boss istrionico acciuffato in Olanda, esercitano un fascino sui giovani criminali che stanno crescendo all’ombra del mito La Torre-Diabolik. E i ragazzi meditano vendette contro la magistratura di Napoli, in particolare contro i pm Alessandro D’Alessio e Cesare Sirignano «responsabili» di notificare atti su atti per evitare che i termini dell’arresto per Augusto scadano. Il gruppo criminale di La Torre era stato annientato a colpi di arresti e pentimenti, ma ora sta rinascendo. Come se, intanto, non ci fossero state sentenze e manette. A venti anni esatti dall’arresto di Augusto, stanno per tornare in libertà anche gli eterni rivali dei La Torre, coloro che sono considerati i «pupilli» dei boss di Casal di Principe. Potrebbe uscire dal carcere Gianluca Bidognetti, l’ultimo di cinque figli di Francesco «Cicciotto e’ mezzanotte».

Maledettamente attratto dalla vita del padre, Gianluca, campione di calcetto e incensurato fino al 2008, era stato utilizzato dal gruppo di fuoco di Giuseppe Setola come esca per uccidere la zia e la cugina a Villaricca. In carcere ci sono anche Aniello e Raffaele, gli altri due figli di Francesco Bidognetti. Ma loro sono condannati all’ergastolo. È con un piede fuori dalla cella, invece, Giovanni Lubello, genero del capo dei capi. Lubello, trentenne con la faccia pulita, è un ragazzo sveglio. Ha sposato Katia Bidognetti e con lei si è trasferito a Formia. Per i pm della Dda di Napoli è una mente brillante e, probabilmente, pericolosa. Libero da un anno circa è Ivanhoe Schiavone, figlio di Francesco Sandokan, assolto in primo grado dall’accusa di estorsione. Se l’assoluzione dovesse essere confermata nel processo di Appello, Ivanhoe potrebbe anche citare i magistrati che lo hanno incriminato per responsabilità civili. Gli altri fratelli – Nicola, Carmine ed Emanuele Libero – sono condannati per crimini gravissimi. Il padre, ormai, è un anziano imbottito di farmaci, filmato notte e giorno dalla polizia penitenziaria nella sua cella al carcere duro, persino in bagno. Il cugino, Francesco Schiavone «Cicciariello», si è invece dissociato dal clan dei Casalesi dopo aver toccato il fondo con un presunto tentato suicidio.

Scarcerato sette mesi fa anche Antonio La Torre, fratello di Augusto, così come Peram Loran John, l’americano che aiutò il killer Setola a fuggire a Mignano Montelungo. Istanza di scarcerazione già pronta per Mosè Esposito di Castelvolturno, coinvolto nel giro di estorsioni del gruppo dei setoliani e poi assolto da un capo di imputazione. Dell’ex gruppo criminale di Antonio Iovine, potrebbero tornare liberi Giacomo Capoluongo e Corrado De Luca.Su questo palcoscenico si muovono i nuovi gruppi di «simpatizzanti» del clan in fermento, gruppi diversi da quelli napoletani. Così, a breve, potrebbe succedere che i magistrati che hanno dato la caccia ai padri della camorra ora, siano pronti a rincorrere i figli.

A fronteggiare il pericolo non possono esserci solo i magistrati della Dda di Napoli.  Ora più che mai serve il coraggio di fare scelte, di metterci la faccia con verità e chiarezza e di riproporre con forza quel «noi» di cittadini, professionisti, volontari insieme a forze dell’ordine, magistrati, investigatori». Massimo Noviello è il figlio di Domenico, ucciso per mano di Setola nel 2008 per aver denunciato il racket. Una settimana fa, Massimo Noviello ha ricevuto l’ultimo smacco dal killer dei Casalesi che, in udienza, ha confessato il delitto. Lo scopo di Setola era quello di ricevere uno sconto di pena, in modo che anche lui, come La Torre, possa, prima o poi, cercare di accorciare i tempi della detenzione. In fondo, se un assassino come Augusto La Torre, colpevole di decine di delitti e definito «il diavolo» usufruisce di permessi premio dopo venti anni di detenzione, anche Setola può pensare di uscire dal carcere tra venti anni.

Il Mattino, Marilù Musto

© Copyright Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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