Non solo Roberto De Luca, ma anche Luciano Passariello e Biagio Iacolare. Per tutti quelli coinvolti nell’inchiesta di Fan page, quella del febbraio del 2018, è arrivata l’archiviazione. E non poteva essere altrimenti, sottolineano giuristi e addetti ai lavori, visto che nel nostro ordinamento non esiste la figura dell’agente provocatore. Che cosa resta, dunque, di quelle 900 ore di filmati consegnati in Procura è ora il caso di chiedersi Quali sono le domande che restano.

E soprattutto: chi ne ha fatto uso, a chi o a cosa è servito. Le domande riguardano la porzione dell’inchiesta sullo smaltimento illecito di rifiuti scaturita dall’attività dell'”agente provocatore” ed ex boss di camorra Nunzio Perrella reclutato dalla testata Fanpage, che ne esce alquanto male dalla vicenda.

E la prima risposta è secca. Quello che resta è una solenne, prevedibile archiviazione per tutti: i faccendieri che proponevano tangenti, i politici che sedevano, come il figlio del governatore Vincenzo De Luca, anche solo per ascoltare (ascoltare e parlare mica è reato?), persino quel consigliere di Ercolano che invece “pattuiva” 50 mila euro, senza sapere di essere registrato.

Archiviazione ovviamente anche per Biagio Iacolare, all’epoca al vertice di Sma Campania, e dei giornalisti che imbottirono di microspie un ex padrino criminale, inviandolo nelle più torbide stanze regionali nel pieno della più calda campagna per le politiche.

Resta l’ultimo quesito. Quale uso è stato fatto di quei filmati e di quei nomi finiti nel polverone giudiziario? La risposta è in un’immagine. Potente. Genova, 17 febbraio ’18, Luigi Di Maio su un palco, in piena campagna per le politiche, platea gremita, proietta quei filmati di Fanpage su un mega schermo, indica Roberto De Luca, ne chiede le dimissioni e urla: “Questi sono gli assassini politici della mia gente, questi sono quelli del Pd”. Boato, applausi. Un anno e sette mesi dopo, governa con loro a Roma.

Commenti