Marano, l’acquisto più scandaloso della storia politica della città. Ecco cosa accadde il 27 gennaio del 2000 in Consiglio comunale

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E’ una delle pagine più inquietanti della storia politica di Marano. Inquietante, oscura e per tantissimi versi scandalosa. Dell’acquisto di Palazzo Merolla, lo storico edificio acquisito dal Comune da una società schermo della famiglia Simeoli (Tiziana costruzioni), abbiamo scritto già in passato, soffermandoci sui costi del fabbricato (1 miliardo e 200 milioni di vecchie lire) e su alcuni dettagli di un’operazione che incassò il benestare del Consiglio comunale dell’epoca.

Siamo nell’anno del Signore 2000. E’ il 27 gennaio, quando la vicenda sbarca nel civico consesso allora presieduto da Raffaele Chianese. Il sindaco, manco a farlo apposta, è Mauro Bertini, l’uomo che ha ideato il Pip, l’ampliamento cimiteriale (tutte operazioni in odor di camorra), il Giardino dei ciliegi, che ha approvato l’ultima lottizzazione edilizia sul territorio comunale e che disse sì al trasferimento dell’ufficio tecnico nei locali (all’epoca tutt’altro che “norma”) di via Falcone, di proprietà degli imprenditori Iorio e Sarracino, che per oltre 10 anni hanno beneficiato dei sostanziosi canoni versati dal Comune.

Quel giorno, il 27 gennaio del 2000, in aula sono presenti 24 persone. Votano per l’acquisizione di palazzo Merolla, costato all’ente cittadino 1 miliardo e 200 milioni e circa un altro milione di euro per la successiva ristrutturazione, i seguenti consiglieri, perlopiù “yes man” di Bertini:

Orazio Castaldo, Giuseppe De Vivo, meglio conosciuto come Geppino, Giuseppe Aprea, Claudio Di Maro, Antonio Menna (lo scrittore), Claudio Barile, Giovanni Barberisi, Massimo Nuvoletti, Alberto Amitrano, Renatino Schettino, Laura Tango, Raffaele Chianese, Alberto Nasti, Cipriano Cecere e, naturalmente, il primo cittadino Mauro Bertini.

Votano contro, invece, Alfredo Tammaro, Anna Infantocci, Pasquale Coppola, Teresa Giaccio, Domenico Licciardi, Vincenzo Neola, Michele Izzo e Francesco Crispino.

Quindici a favore, insomma, e otto contrari. Si astiene il consigliere di maggioranza Giuseppe Biglietto. Disertano i lavori consiliari, invece, i seguenti consiglieri:

Mario Granata (opposizione, qualche tempo dopo divenne assessore di Bertini), Biagio Iacolare (opposizione, qualche tempo dopo diede il suo sostegno a Bertini), Castrese Ciotola (opposizione), Luigi Esposito (opposizione) e Salvatore Perrotta (opposizione, qualche tempo dopo divenne presidente del civico consesso). Assente, inoltre, il defunto Castrese Angelotti (maggioranza) e Alfredo Guarino (maggioranza).

Il segretario generale dell’adunanza è Tammaro D’Errico.

L’attestato di regolarità tecnica e contabile, in ordine alla proposta di acquisto del Palazzo, fu firmata dai responsabile del settore tecnico, Franco Buggè, e dal responsabile settore economico del Comune, Vittorio Di Napoli.

L’acquisto dell’immobile fu perfezionato qualche mese dopo, correva l’anno 2001, presso lo studio notarile Del Giudice di Grumo Nevano. A rappresentare il Comune, nello studio di Del Giudice, l’architetto Armando Santelia, nel frattempo subentrato a Franco Buggè alla guida del comparto tecnico. Santelia, più volte rinviato a giudizio e assolto per prescrizione per vicende legate ad alcune operazioni edilizie effettuate sul territorio di Marano, resterà in carica per altri sei anni. Il tempo necessario per legare il suo nome ad altre due discusse operazioni: quella relativa al complesso residenziale del Galeota e della palazzina di via Casalanno, entrambe poi finite nel mirino della Direzione distrettuale antimafia, dei carabinieri e della Guardia di Finanza.

I lavori di ristrutturazione del Palazzo, per la modica cifra di un milione di euro (il Palazzo, dopo anno, era già in uno stato pietoso), furono poi affidati alla ditta Mastromimico di San Cipriano d’Aversa. Una ditta ben nota alle cronache giudiziarie. I titolari dell’azienda, Pasquale e Giuseppe Mastromimico, sono accusati di essere legati ad una delle fazioni dei Casalesi e sono entrambi destinatari di ordinanze cautelari.

Alcuni esponenti di quella maggioranza, quelli che presero la parola in aula, ebbero a dire: “chi vota no all’acquisto dell’immobile fa un favore alla camorra”. I fatti hanno dimostrato l’esatto contrario: il Comune ha acquistato un palazzo da una società di camorra (la Tiziana aveva pagato l’immobile poco più di 400 milioni di lire e nel giro di pochi giorni lo ha rivenduto a un miliardo e 200 milioni di lire) e ha affidato i lavori per il restyling a una società di camorra, che ancora oggi gentilmente ringraziano….

La storia ufficiale termina qui, ma c’è qualcosa che nessuno ha ancora detto. Perché il Comune si interessò a quell’acquisto e avallò quelle spese? Semplice. L’idea dei palazzinari era quello di abbatterlo e di tirare su un bel complesso edilizio, ma quando si scoprì che c’era un vincolo della Soprintendenza, allora ci si mosse diversamente. Il Comune “abboccò”, per i motivi precedentemente elencati, e i cittadini di Marano ci rimisero una cifra pari ad oltre due miliardi del vecchio conio.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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