L’editoriale della domenica. Beni confiscati, le furbizie dei sindaci per evitare gli scioglimenti e non far accendere i riflettori sulle nuove colate di cemento

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Gli amministratori comunali della provincia di Napoli lo hanno capito bene: per reggere a lungo in municipio occorre “tenersi buoni” magistrati e carabinieri. Si può fare tutto, ma non bisogna andare oltre certe situazioni. Quali sono? Se si analizzano per bene i decreti di scioglimento di tanti consigli comunali, ci si imbatte perlopiù nelle censure che gli ispettori ministeriali evidenziano in materia di beni confiscati, abusi edilizi (mancati abbattimenti e acquisizioni al patrimonio comunale) e appalti sull’igiene urbana. Sono questi i tre fronti maggiormente analizzati e dirimenti sulla questione scioglimento per mafia.

Da tre anni a questa parte, qualche sindaco abile, furbo, scaltro ha compreso la formula per allontanare dal proprio comune gli occhi di magistratura e prefettura.

Il giochino è alquanto semplice: si prendono alcuni beni confiscati alla camorra, magari a lungo non utilizzati, e gli si ridà nuova vita assegnandoli ad associazioni serie o programmando eventi di grande rilievo sociale e mediatico.

L’obiettivo è chiaro: da un lato si dà l’idea e l’impressione di agire in contrasto alle organizzazioni criminali, ponendo fine (è questo è comunque un merito) a una situazione di immobilismo amministrativo, dall’altro si chiude un occhio, anche due, dinanzi ad altre vicende. Quali? Il cemento è tornato l’elemento preponderante in tanti territori. Le mafie – ormai sempre più finanziarie e meno legate ai canali tradizionali (droga ed estorsioni) – devono istituzionalizzarsi e rendersi sempre più pulite. E per farlo, a Napoli nord, nel Giuglianese e nell’area flegrea e casertana, stanno operando una imponente operazione di pulizia di immagine. Ristoranti, bar, distributori di carburanti, alberghi, agenzie di scommesse sportive e agenzie immobiliari, moltissime sono in mano alla malavita organizzata. Il business del mattone, rifiorito grazie ai bonus e ai superbonus, è l’altra faccia della medaglia. Complici sindaci e giunte che fanno slittare i tempi delle approvazioni dei nuovi piani urbanistici, si continua a consumare suolo e inondare di cemento territori già devastati dall’abusivismo edilizio e dal cemento semi legale degli anni 80 e 90.

La magistratura e gli inquirenti in generale hanno compreso il fenomeno, ma non riescono a fermarlo. In alcuni territori, le nuove forme di gestione dei beni confiscati fanno dimenticare quel che accade intorno. Almeno questo è il tentativo degli amministratori locali, che si attivano – spesso furbescamente – per portare magistrati, prefetti, testimoni di giustizia – in convegni, manifestazioni e occasioni pubbliche.

Non ci sono giorni in cui, in un qualsiasi comune del Napoletano, non si organizzino convegni e convegnucci ai quali partecipano – talvolta in buona fede, talvolta con troppa leggerezza – importanti personaggi delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria. Chi partecipa, lo fa in buona fede e non ha capito che quella presenza serve solo all’amministratore di turno per farsi bello e per non avere rogne sulle questioni amministrative più delicate, cemento in primis. I beni confiscati sono diventati il nuovo specchietto delle allodole. Iniziative antimafia da un lato, esaltate dai media e strombazzate con una campagna dirompente, cemento dall’altro, riciclaggio, affari borderline dall’altro.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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