“Al boss Di Lauro manderò le poesie scritte da mio fratello”. Le parole della sorella di Attilio Romanò, vittima innocente di camorra

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Era il 24 gennaio del 2005 quando Attilio, 29 anni appena compiuti, nel suo negozio di telefonia a Capodimonte, pronto a chiudere di lì a poco, rimase vittima di uno scambio di persona nel pieno della faida tra il clan Di Lauro e gli scissionisti. Il sicario sparò a bruciapelo senza neppure domandarsi se era davvero quello l’uomo da abbattere. Cinque colpi di pistola esplosi contro uno qualsiasi, una giovane vita spezzata in pochi istanti, e per errore. Un dolore enorme che avrebbe segnato, da quel giorno e per sempre, l’esistenza di tutta la famiglia Romanò. Ieri mattina, don Tonino Palmese, vicario episcopale della Chiesa di Napoli e presidente della Fondazione Polis per i familiari delle vittime innocenti della criminalità, Maria, la sorella di Attilio, l’ha voluta sull’altare, nella chiesa dell’Arciconfraternita dei Pellegrini, dove il sacerdote dice messa ogni domenica alle 10.30. Nella stessa chiesa, don Tonino, ha voluto che ci fossero anche il questore, Antonio De Iesu, e il comandante provinciale dei carabinieri di Napoli, Ubaldo Del Monaco.

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