I fondi neri del clan Mallardo: in un conto spunta il nome del socio di papà Boschi

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Nei faldoni dell’inchiesta sugli investimenti in Toscana del clan della camorra, tra le pagine della misura cautelare notificata al boss Francesco Mallardo e ai suoi presunti prestanome spunta un nome che stride con lo scenario descritto sullo sfondo e che, come ricostruiranno poi gli inquirenti, quasi per caso finisce tra quelle pagine. Il nome è quello di Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena, ex ministro e attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. In premessa è bene chiarire che Boschi, noto banchiere, è totalmente estraneo a qualsiasi ipotesi di accusa contenuta nell’inchiesta. Nel suo nome, gli 007 dell’Antimafia che erano a caccia di come e dove il boss avesse ripulito i milioni di euro guadagnati con traffici illeciti, si sono imbattuti compiendo accertamenti sui conti correnti di un imprenditore toscano, Mario Nocentini.

In particolare sono due i conti correnti che hanno portato al padre del sottosegretario. Conti accesi presso la Banca del Valdarno. Uno è intestato a più soci, tra i quali Nocentini e Boschi. Un altro risulta intestato soltanto a Boschi e Nocentini. Il riferimento è a una vecchia società che risale a più di venti anni fa, a quando Pier Luigi Boschi era segretario della Coldiretti. Sotto i riflettori la società L’Orcio, che aveva richiesto un finanziamento per la realizzazione di un camping, opera che non fu poi attuata e per la quale è in atto la restituzione della somma.

È questo il crocevia che porta il nome del banchiere toscano a incrociare quello dell’imprenditore Nocentini, a sua volta finito all’attenzione dei pm napoletani che indagano sul giro di riciclaggio di soldi della camorra.
I pm Ribera e Sasso del Verme, del pool antimafia guidato dall’aggiunto Giuseppe Borrelli, indagano sui possibili canali utilizzati dal Mallardo, che dal Giuglianese ha esteso la sua influenza su mezza Napoli. Sanno che tramite un insospettabile imprenditore, Domenico Pirozzi (indagato), il boss ha investito ingenti capitali in Toscana, in particolare ad Arezzo. Individuano, gli inquirenti, due società con sede a Figline Valdarno che secondo l’accusa «sono state create e stabilmente utilizzate per un decennio circa ai fini del riciclaggio e del reimpiego in attività economiche lecite di capitali provenienti dalle casse del clan». Una delle società è la “Edil Europa 2 srl”.
Il Mattino

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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