Gomorra dalla A alla Z. La mala di Quarto sotto lo scudo protettivo del “Barone”

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Il comune di Quarto è, per ragioni storiche e geografiche, da sempre legato a quello di Marano. Prima della seconda guerra mondiale Quarto era una frazione di Marano. Poi, con il passare degli anni, ottenne la sua autonomia e divenne entità territoriale con connotazione prettamente flegrea.

Questo connubio ha avuto le sue ripercussioni ed effetti anche sulla gestione dei traffici illeciti. A gestire il fiorente business sono sempre stati i maranesi. Nel periodo d’oro dei Nuvoletta il referente per la cittadina flegrea era Mattia Simeoli. Poi, dopo l’uscita di scena del clan di Montesanto, ci fu, seppur per un breve periodo, un vuoto di potere che indusse alcuni malavitosi di Pianura ad approfittarne.

Fecero però male i loro conti, perché non tennero nella giusta considerazione l’uomo che, nel frattempo, era diventato il nuovo padrone di Marano, ovvero Peppe Polverino, meglio noto come o’ Barone.

Il Barone affidò la gestione dei traffici ad un suo “compariello” e pupillo, un quartese doc, tal Roberto Perrone detto Paperone e quando quest’ultimo subì un duro affronto da un malavitoso di Pianura, Polverino non esitò a difenderlo: il guappo della zona, come si suol dire, se ne andò carico di meraviglie e da quel momento decise di uscire di scena.

Da quel momento Paperone ebbe carta bianca e, per molti anni, fu il punto di riferimento per tutti i traffici illeciti a Quarto. Il suo braccio destro era Salvatore Liccardi, alias Pataniello. I problemi per Perrone iniziarono quando nel comune flegreo fu realizzato il centro commerciale Quarto nuovo. Secondo il racconto di alcuni pentiti, “Paperone” avrebbe orchestrato alcune speculazioni senza accordarsi con il clan. Si dice che qualcuno all’interno della fazione criminale di Polverino volesse punire Perrone per queste sue presunte iniziative a titolo strettamente personale.

Il vecchio amico e pupillo del “Barone” pare fosse intenzionato a recarsi in Spagna per chiarirsi con il capo, ma quell’incontro non ha mai avuto luogo. Gli inquirenti, attraverso alcune intercettazioni ambientali, si misero infatti sulle tracce di Perrone e lo arrestarono insieme con tanti altri affiliati. Era il maggio del 2011 e in manette finirono anche due candidati al consiglio comunale di Quarto, oltre ai tanti pezzi da novanta della camorra maranese. Perrone fu accompagnato in una caserma diversa, dove non erano presenti gli altri arrestati e si pentì poco dopo, da quel che si apprese dopo aver ascoltato alcuni passaggi di un’intercettazione ambientale.

Oltre a Perrone si pentì anche un altro quartese, Gaetano D’ausilio, e Biagio Di Lanno, alias a’ Papera, componente del gruppo guidato da Ciccio Pertuso. Questi tre pentiti hanno fatto luce sul ferimento di un rom avvenuto a Quarto. L’uomo sarebbe stato punito per aver intrapreso una relazione con la nuora di un imprenditore di Licola, amico di Peppe Polverino. I tre collaboratori di giustizia hanno inoltre riferito sull’omicidio di un imprenditore di Quarto, che idoveva essere solo gambizzato e che alla fine mori dissanguato, e, infine, sull’omicidio di Giuseppe Candela, elemento di spicco del clan Polverino, meglio noto come Peppe tredici anni.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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