“In otto in una cella di venti metri: ora ci risarciscano”

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Stipati in una cella di circa 20 metri quadri con altri 8 detenuti, senza acqua calda né riscaldamento. Un trattamento inumano che sarebbe stato patito da alcuni detenuti salernitani che, ora, chiedono al ministero della Giustizia il risarcimento, per quella detenzione che, a loro dire, avrebbe violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Entrambi i procedimenti, seguiti dagli avvocati Anna Sassano e Dario Barbirotti, pendono davanti al giudice Iachia del tribunale civile di Salerno che dovrà decidere se accogliere o rigettare i ricorsi finalizzati ad ottenere il risarcimento in base a quanto stabilito dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, pronunciata l’8 gennaio 2013, che ha imposto all’Italia di prevedere una norma che consenta, a chi ha subito il trattamento disumano in carcere, di essere risarcito.

Le vicende, oggetto dei due distinti procedimenti, si riferiscono a periodi di detenzione precedenti al 2014 quando, nel penitenziario salernitano, erano ristretti fino a 600 detenuti: 233 in più rispetto al parametro della capienza regolamentare che prevede che all’interno dell’istituto non possano esserci più di 367 detenuti (oggi il carcere di Fuorni ne contiene 488). Nel ricorso, redatto dagli avvocati Sassano e Barbirotti, si parte quindi dal sovraffollamento: la detenzione dei due detenuti non avrebbe rispettato i parametri europei che fissano in tre metri quadri lo spazio minimo disponibile a favore di ciascun ristretto. Ci sono poi altre violazioni, puntualmente elencate nel ricorso redatto dai legali, che avrebbero contribuito a rendere inumane le condizioni di espiazione pena dietro le sbarre del penitenziario salernitano.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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