La partita è tutt’altro che chiusa». Questa frase, pronunciata da un dirigente del Pd campano durante un incontro con lo staff di Roberto Fico, rende meglio di qualsiasi sondaggio l’atmosfera che si respira nel quartier generale del centrosinistra. Fino a poco tempo fa la vittoria dell’ex presidente della Camera sembrava quasi scontata. Ora, invece, i report interni — riservati ma sempre più realistici — parlano apertamente di una possibile rimonta del centrodestra.
A Palazzo Chigi nessuno lo dichiara apertamente, ma tra gli alleati di governo cresce l’ottimismo. Il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, candidato di Fratelli d’Italia e della coalizione di centrodestra, avrebbe infatti ridotto sensibilmente il divario, portandosi a soli sei punti da Fico. «Sta recuperando terreno nelle province e anche a Napoli si vedono segnali positivi», racconta un dirigente meloniano. Giorgia Meloni, che considera la sfida campana un test politico strategico — più del Veneto o della Puglia —, segue passo per passo la campagna: telefonate quotidiane, briefing con i coordinatori locali e una forte pressione sugli alleati per mantenere una linea compatta e disciplinata.
Sul fronte opposto, nel Movimento 5 Stelle scatta l’allarme. Giuseppe Conte aveva puntato tutto su Fico, il volto più “istituzionale” e rassicurante del Movimento, ma la macchina elettorale non sta ingranando. Il Pd appare diviso, le liste civiche arrancano e, dopo la fine del reddito di cittadinanza, il M5S fatica a motivare la propria base. «C’è molta disillusione — ammette un esponente napoletano —. Fico non viene percepito come una speranza, ma come il ritorno a un passato che la gente non vuole più».
Il vero ago della bilancia sarà Napoli, dove si concentra la maggior parte dei voti. Secondo i sondaggisti, l’affluenza sarà decisiva: se scenderà sotto il 50%, il sorpasso del centrodestra potrebbe concretizzarsi. Nei 5 Stelle cresce il timore per un’astensione silenziosa, quella dei delusi del 2018 che avevano votato per cambiare il sistema e oggi scelgono di restare a casa.
Il centrosinistra paga anche le divisioni interne: la candidatura di Fico ha spaccato il Pd campano, dove molti avrebbero preferito un nome più radicato nel territorio. «Siamo qui per senso di responsabilità, ma senza entusiasmo», confessa un dirigente dem. Alcuni, in privato, parlano già di “esperimento fallito”, di un’alleanza di convenienza mai davvero decollata.
Nel campo avversario, invece, prevale l’entusiasmo. Nelle chat di Fratelli d’Italia circola fiducia e orgoglio: «Cirielli è l’uomo giusto per riportare la Campania dove merita». Lo staff del candidato prepara una campagna capillare, con comizi mirati, incontri nei piccoli comuni e appuntamenti con categorie produttive e associazioni cattoliche — una strategia ispirata al “modello Calabria” di Roberto Occhiuto. «Stiamo replicando quel metodo — spiega un dirigente di FdI —: meno social, più territorio».
Nel M5S, intanto, cresce la tensione. Fico ha rinviato alcune uscite pubbliche per ricalibrare la strategia, mentre Conte ha chiesto un confronto urgente con Elly Schlein per ricucire i rapporti. I due si sentono spesso, ma la fiducia reciproca è ridotta al minimo. «Abbiamo obiettivi diversi — sospira un parlamentare grillino —: loro vogliono fermare Cirielli, noi vogliamo salvare il Movimento».
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