Trovano ampio riscontro le proposte da tempo avanzate da Meritocrazia Italia sulla necessità di revisione dello strumento del reddito di cittadinanza.
Il pericolo, però, è che la questione sia banalizzata e ridotta alla scelta tra operare oppure no una stretta.
Un intervento di modifica adeguato deve presupporre uno studio accorto, a partire dall’analisi del dato reale, con precisa individuazione delle categorie in fragilità e delle specifiche esigenze degli inabili al lavoro. Deve presupporre una assunzione di responsabilità, perché l’esclusione di alcuni dal mondo del lavoro è sempre sintomo di un fallimento della collettività.
Meritocrazia ha già avanzato le proprie proposte di modifica del reddito di cittadinanza, da mutare in reddito di inclusione, (v. comunicati precedenti), ma ha anche messo in evidenza la necessità di interventi a margine.
Perché la misura muti in uno strumento inclusivo e davvero efficace, occorre risolvere prima di tutto il problema del matching tra domanda e offerta, sul quale intervenire in modo serio e definitivo. Alcune delle carenze riguardano la territorializzazione dei centri per l’impiego, il loro efficientamento e la delega alle regioni per mettere a regime i navigator.
Resta prioritaria una riforma strutturale, con la creazione di diramazioni territoriali per provincie, strumenti e personale adeguati alle funzioni, con banche dati efficienti e che dialogano tra loro, semplificando processi e azioni.
Si ribadisce la proposta di sfruttare le competenze delle frammentate agenzie di lavoro interinale, mettendo a disposizione dei Centri per l’Impiego i loro corposi database, con adeguati accordi negoziali. Sarebbe sufficiente costruire uno share point condiviso di dati, coniugando il sistema dei Centri dell’impiego entrato a regime con quello dei privati, anche semplicemente per le sole offerte. Dopo una prima fase di sperimentazione, si dovrebbero far confluire i dati in un unico database centrale.
Per altro verso, è fondamentale curare in maniera definitiva le distorsioni sociali e insistere sulla scolarizzazione per aree geografiche; non è un caso che il maggior numero di percettori si collochi in quelle aree a maggiore dispersione scolastica e a maggior numero di neet.
L’obiettivo sia anche accompagnare le persone con inabilità temporanee al lavoro nell’accesso a percorsi formativi retribuiti, per un loro recupero. Per farlo, occorre identificare gli ambiti in cui vi è maggiore richiesta, programmare corsi e stage, per la definitiva rimozione delle cause di isolamento e marginalizzazione sociale
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