Omicidio Toscano, il ricordo dell’amico e collega: “D’ora in poi nulla sarà come prima”

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Io e Marcello

Come “il Secco e il Chiatto”, così eravamo Marcello e io, così ci definì un dirigente all’inizio della nostra carriera: quando aveva bisogno di noi chiamava l’uno o l’altro indifferentemente, come se fossimo un unicum, e interscambiabili come singoli. Depositari ormai, insieme a tutti i colleghi più maturi, di una scuola (la nostra) che si avvia a dare inevitabilmente spazio a nuove leve di docenti, tecnologici, veloci, intraprendenti. Noi più lenti, riflessivi, alla costante ricerca degli sguardi empatici dei ragazzi, perseveriamo nei nostri ideali. Marcello era votato al rapporto umano, fatto di ascolto e di accoglienza, attento al disagio sociale, sensibile ai valori ideali e di riconoscimento del prossimo come fonte di ricchezza. Martedì notte e fino all’alba sono stato dai Carabinieri per rilasciare la mia deposizione e ho parlato fino all’alba. L’ ufficiale mi ha detto che la mia deposizione era importante in quanto amico della vittima. Ma le mie risposte non sono state utili abbastanza, soddisfacenti, perché ho parlato di Marcello! Ho parlato del mio amico, del suo sguardo, della sua ironia e autoironia; della sua scaltrezza e del suo essere sornione, della sua leggerezza e, soprattutto, della sua intelligenza. Ho voluto soprattutto dare un’anima a quella che, forse, per loro è solo una vittima, un caso su cui investigare. Chi ci conosceva  diceva che eravamo troppo diversi, i colleghi tra il serio e l’ironico si meravigliavano della nostra amicizia. Riflettendo ora so che Marcello era “l’altro di me “, ho ammirato in lui quello che avrei voluto essere, oltre a quello che già sono, capace come lui, sfrontato, coraggioso, nelle situazioni difficili pieno di risorse.
Mi hanno chiamato in tanti in questi giorni, colleghi vecchi e nuovi, per sapere e manifestare la loro vicinanza per la perdita del mio amico. Ringrazio tutti per la gentilezza, con la consapevolezza che da oggi in poi nulla sarà più come prima. La sua risata, che si diffondeva inconfondibile nei corridoi,  il suo abbraccio fraterno, il suo intuito logico, la sua fiducia e pazienza, anche nei momenti bui, li abbiamo persi e nessuno potrà restituirli, così come nessuno potrà restituirci il suo sorriso, con cui immagino ci guardi ora, mentre in televisione parlano di lui. Immagino quella risata , e immagino il suo stupore e l’incredulità di fronte alla violenza efferata che gli è stata riservata. Marcello non avrebbe mai voluto che ciò accadesse a scuola, un avamposto conclamato di promozione di iniziative culturali, progetti, legalità: un faro in un territorio disgregato e difficile, che spesso ha dovuto fare luce più sulla diffidenza degli adulti che sul perseguimento  dei fini scolastici;  una istituzione sempre a fianco dei ragazzi che varcano e hanno varcato la soglia della Marino Guarano, con la speranza di trovare nuova crescita e nuove opportunità, diverse e migliori rispetto a quelle che la loro estrazione socio-culturale può  promettere. Una violenza sull’uomo, una violenza sulla scuola e sul suo valore simbolico, che Marcello avrebbe condannato. Questa scuola offesa e colpita come è stato colpito e offeso l’uomo. A Marcello io, come tutti noi che lavoriamo nella scuola e per la scuola, prometto di non perdere la speranza di riuscire, per i nostri ragazzi, a segnare la differenza nella loro crescita, di perseguire tutti insieme la costruzione di una cultura della vita, dell’umanità, che vinca il degrado, una cultura che possa servire ai nostri ragazzi a creare un futuro migliore per tutti, con grande motivazione e grande impegno, lasciandoci alle spalle questi giorni atroci.
Raffaele Virgilio, professore della scuola Marino Guarano
© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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