Le paure della Moldavia. “Noi troppo fragili per resistere ad eventuali attacchi”

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Nicu Popescu gira compulsivamente la fede d’oro che porta alla mano sinistra. Quando si ferma, toglie e mette senza sosta il tappo della penna che usa per scrivere appunti. Divisi da uno schermo, percepiamo forte la tensione del giovane ministro degli Esteri e dell’Integrazione europea della Moldavia. L’invasione russa in Ucraina ha travolto il Paese — il più povero d’Europa — e le conseguenze sono già devastanti: «Dal 24 febbraio, più di 230 mila rifugiati hanno attraversato il confine, 120 mila rimarranno qui: siamo un popolo di 2,5 milioni», dice Popescu. Ma la paura più grande è un’altra, che l’invasione dell’Ucraina non sia altro che un incubo premonitore del futuro della Moldavia, anche dopo le parole minacciose del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko.

Domenica, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha incontrato nella capitale Chisinau la presidente europeista Maia Sandu e Popescu, e ha assicurato l’appoggio degli Stati Uniti. Ma le somiglianze con l’Ucraina sono troppe per stare tranquilli. Oltre alla dipendenza dal gas russo e a un enorme debito pubblico, c’è una regione separatista, la Transnistria, che è l’equivalente del Donbass, a maggioranza filo russa, e dove si trova uno dei più grandi depositi di armi di tutta l’Europa orientale. Il ministro prova a mantenere la calma. Anche quando una giornalista ucraina quasi gli urla: «Mi spieghi perché non avete aderito alle sanzioni contro la Russia». Popescu misura i toni: «Siamo vicini al popolo ucraino, condanniamo Putin e questa guerra ingiusta. Ma siamo troppo deboli per alzare la voce, rischiamo un punto di rottura, non possiamo spingerci oltre, e i nostri partner europei l’hanno capito». Il punto di rottura di cui parla è la guerra in casa.

«Nessuno si aspettava le bombe su Kiev, ma è successo. Siamo il Paese più fragile della zona e non posso negare che ci stiamo preparando al peggio. La crisi c’è già».

Perché?
«Viviamo già una crisi umanitaria. Tra poco non avremo più modo di accogliere dignitosamente i rifugiati. Siamo solidali, ma abbiamo bisogno di un aiuto concreto dagli altri Paesi e di un piano per ricollocare chi fugge. Anche la nostra fragile economia è già stata messa a dura prova dal conflitto».

In che modo?
«Per esempio, stiamo subendo la perdita di importazioni dall’Ucraina, principalmente dal porto di Odessa. Soffriamo anche con l’export. Per non parlare del crollo della fiducia degli investitori».

Avete formalizzato la richiesta di adesione all’Unione Europea, insieme alla Georgia, subito dopo l’Ucraina.
«Non è una novità che la Moldavia voglia far parte dell’Europa, ma ora, più che mai, è necessario un passo avanti. Sappiamo che non avviene dall’oggi al domani, ma abbiamo bisogno di un segnale forte, è quello che vogliono i nostri cittadini».

Volete entrare nell’Unione ma non nella Nato.
«Dal 1994 la Moldavia è un Paese neutrale. Nessun governo ha mai pensato di cambiare questo stato. La Russia è nei nostri territori, sarebbe troppo pericoloso».

Quindi, sì Europa ma no Nato, non potrebbe diventare un modello per i Paesi dell’ex Unione Sovietica?
«Non sono sicuro che si possa parlare di esempio, perché qui, ogni Stato è diverso».

Come vivono i cittadini moldavi questa crisi?
«Nessuno vuole la guerra in casa, neanche chi vive in Transnistria. In questo momento, combattiamo attivamente contro la propaganda filo russa, spegnendo alcuni siti come Sputnik, che diffondono disinformazione. Abbiamo aperto un canale Telegram del governo con le notizie verificate sulla guerra che invitiamo tutti a seguire».

Fonte Il Corriere

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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