Melito, la città perduta. Gli Amato-Pagano, la politica e quei riferimenti al defunto sindaco Amente e alle onoranze funebri Moio

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Melito di Napoli, la città perduta sotto il controllo dei clan. Una inchiesta durata anni, ma alla fine, con una maxi-ordinanza di arresto, la magistratura ha smontato l’articolazione più organizzata e diffusa nel comune di Melito di Napoli: quella degli Amato-Pagano. Al controllo del clan non sfuggiva niente e nessuno: dalla politica alla polizia municipale, dalle associazioni ai commercianti. Dietro le sbarre è finita tutta la catena di comando del clan Amato Pagano a Melito: i vertici e una serie di “gregari” che si riconoscevano nella linea operativa di quel clan.
Tutti i soggetti coinvolti nel blitz sposavano una filosofia criminale, che, anziché ricordare una puntata della serie Gomorra, è più simile ad un manuale d’impresa o ad un programma politico. Sotto questo aspetto, tutti i gruppi si dovevano riconoscevano nel modo di vivere e interpretare la camorra incarnato dai leader storici degli Amato-Pagano: una forma vincente, che trova nella ferocia, la chiave per il suo successo, sia in termini criminali e militari, sia in termini di consenso diffuso. Melito di Napoli era, in buona sostanza, controllato da gruppi, che esercitavano un dominio incontrastato sul territorio, gestendo le piazze di spaccio, organizzando il taglieggiamento sistematico delle attività commerciali, occupandosi del recupero crediti a favore degli usurai collegati al gruppo, curando il reclutamento delle nuove leve e proteggendo il territorio da incursioni di altri gruppi.
La presenza degli spacciatori e delle vedette nelle aree di edilizia popolare di Melito e di Mugnano è un dato acquisito dai cittadini di quei quartieri, costretti a convivere e a subire lo strapotere del clan. Lo stesso dicasi per il pagamento del tributo alla camorra che grava su tutti gli operatori economici. Nessun imprenditore o commerciante, che opera su quei territori, sfugge o peggio ritiene di poter sfuggire al pagamento del tributo. La tangente è una forma di tassazione che non ammette evasione. Dal punto di vista di fare impresa, il modello era quello degli “insetti sociali”. Erano come delle cavallette gli uomini del clan per la loro propensione ad una maniacale divisione degli utili e per il nichilismo con il quale schiacciavano il territorio con le estorsioni. Tuttavia, quel che emerge, è un diverso modo di controllare il commercio e l’impresa locale attraverso l’estorsione. Non è cambiata la ferocia con cui l’estorsione si applica, così come è non è cambiato il fatto che non si scappa all’obbligo di pagarla. Quel che si è aggiornato è la forma di imposizione, che è mutata per andare incontro all’esigenza di chi deve pagare.
Che si debba contribuire non si scappa, ma oggi bisogna venirsi incontro sul come, affinché l’imposizione sia sopportabile per chi deve pagare. E così, negli anni, le narrazioni delle vittime sono finite paradossalmente per cambiare, mutando il senso stesso del finire taglieggiati: non più racket, ma tributo. Sono tanti i commercianti ad ammettere di aver comprato, ad esempio, delle penne anziché calendari, perché costano di meno e servono anche. Nulla è lasciato al caso: a pagare devono essere anche le attività nelle quali sono investiti i capitali dello stesso clan, in modo tale da evitare sospetti da parte delle forze dell’ordine eventualmente impegnate in indagini sul territorio. Gli uomini del clan sono molto attenti anche alle scelte politiche, soprattutto quelle legate alla viabilità e alla tassazione, perché sono quelle che possono determinare l’apertura o la chiusura delle attività commerciali e quindi maggiori o minori guadagni per il clan.
E, infatti, nell’ordinanza c’è un corposo materiale che riguarda i rapporti clan e politica con il presunto coinvolgimento di Antonio Amente nella sfiducia dell’amministrazione di Venanzio Carpentieri, sindaco di Melito nel 2013. Una sfiducia che sarebbe stata attuata con modalità camorristiche attraverso minacce e violenze ai danni di alcuni componenti del consiglio comunale. Ci sono, inoltre, dichiarazioni dei pentiti che accusano l’ex sindaco Amente e altri politici locali di essere stati appoggiati dal clan Amato Pagano. Racket, usura, controllo del territorio e fiumi di droga. Il blitz e l’ordinanza sono arrivati in un momento davvero importante, quasi a fermare una escalation criminale, che potrebbe poi rivelarsi inarrestabile. Il clan a Melito sta vivendo una “nuova stagione” a seguito della recente scarcerazione di Teatro Raffaele, genero di Amato Raffaele, fondatore e vertice indiscusso della compagine, nonché socio del narcotrafficante Imperiale Raffaele (ancora latitante a Dubai).
La vicenda Moio, onoranze funebri.
© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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