Giuseppe Conte, che oggi salirà al Quirinale, le prova tutte per di non arrendersi. Oggi l’ultima mossa, quasi imposta, è l’incontro con Mattarella nelle cui mani rassegnerà le dimissioni. Quel che succederà quando il premier uscirà dal portone del Colle è nelle mani del Capo dello Stato, ma la mossa del premier nei suoi piani è funzionale a una crisi lampo e un reincarico, dalla quale uscire con una nuova maggioranza di governo.
I margini, come riportato dai principali quotidiani nazionali, sono strettissimi. Se è vero che proprio sulla discontinuità e l’apertura di una strada verso un Conte-Ter è stata la richiesta di molti degli interlocutori annoverati tra i possibili responsabili, è anche vero che fino ad adesso la caccia non ha dato alcun frutto. Il premier confida nell’effetto attrattivo che confida la mossa possa avere. Le voci di un drappello di senatori disponibili a Palazzo si rincorrono senza sosta, chi ne accredita quattro, chi otto, chi si spinge fino a undici. L’ideale per il premier sarebbe quello di chiudere la partita in 24, 48 ore al massimo, un gruppo omogeneo che gli consenta di risalire al Quirinale con una maggioranza non posticcia e avendo sostituito Matteo Renzi al governo. Una strada rischiosa, perché il capo del Governo sa che le possibilità di non rimettere piede a Palazzo Chigi sono concrete. Ma è anche l’unica chance che ha per non venire travolto dal voto previsto al Senato sulle comunicazioni di Alfonso Bonafede, che ne avrebbe definitivamente azzoppato le velleità di sostituire, per la seconda volta, se stesso.
La decisione è stato dir poco tormentata. Conte non avrebbe voluto arrivare a tale passo, perché sa che dal momento in cui rimetterà l’incarico nelle mani di Mattarella non dipenderà più da lui il timing e il tentativo di ricomposizione della crisi. Ma il pressing del Pd e di ampia parte del Movimento 5 stelle, e le richieste in tal senso da parte di molti fra i responsabili, senza i quali il voto sul Guardasigilli sarebbe stato letale l’hanno portato verso una decisione che l’insuccesso della campagna di reclutamento ha reso obbligato.
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