Immigrazione clandestina, l’ennesimo scandalo al Comune di Marano. I racconti degli indagati. “L’albanese era di casa all’anagrafe, i regali alla dipendente comunale”

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Un sistema di imbrogli (‘mbroglie, come direbbe qualche vecchio osservatore maranese) che era andato avanti per almeno 3 anni, dal 2015 al 2018, fino a quando un ex funzionario dell’ufficio Anagrafe, poi trasferitosi dal Comune quasi di punto in bianco, non decise di segnalare anomalie e discrasie alla compagnia dei carabinieri.

Il filone è quello dell’immigrazione clandestina. I capi dell’organizzazione e procacciatori di stranieri erano Erjus Bracaj, albanese 33 enne, e Kamel Rahmani (nella foto), volto notissimo agli inquirenti, finito già in passato nel mirino dei militari. Altra figura chiave dell’inchiesta, condotta dai carabinieri di Marano a partire dal 2017, è l’impiegata dell’anagrafe Assunta Moio, sospesa dalle funzioni di pubblico esercizio.

La figura di Assunta Moio, almeno per come emerge dalle carte (sarà poi il Riesame e il futuro processo a stabilire se gli inquirenti hanno inquadrato al meglio la vicenda), è al centro di numerosi racconti da parte di diversi indagati, italiani e stranieri, interrogati dai militari dell’Arma.

La Moio sarebbe stata in combutta con l’albanese Bracaj e avrebbe omesso di segnalare all’autorità competente le anomalie in merito alle richieste di iscrizione all’anagrafe comunale che tantissimi extracomunitari presentavano all’ufficio.

Uno degli indagati, che ha ammesso di aver ospitato fittiziamente stranieri, ha dichiarato:

“La signora Moio era complice di Bracaj, mi è capitato innanzi a lui che i due parlassero di cene che Bracaj le offriva in cambio del suo impegno, del suo parere favorevole alle pratiche false”. L’indagato riferiva anche di alcuni omaggi ricevuti dalla Moio: un televisore, mobili che egli stesso aveva portato.

Un’altra indagata, invece, ha dichiarato: “Quando occorreva presentare una richiesta fasulla, Erjus si accertava prima della presenza al Comune della signora Tina, la quale già sapeva tutto, per cui con lei la pratica si svolgeva regolarmente senza che io parlassi proprio”.

E ancora, un altro indagato: “Moio Assunta era amica di Bracaj e quando questi era con la fidanzata i due ragazzi erano spesso usciti insieme alla Moio. Per quanto ne so Bracaj aveva fatto dei lavori a casa della Moio e sicuramente la Moio era il suo referente al Comune per le pratiche di fittizia ospitalità”.

Bracaj, secondo molti indagati, era dunque di casa all’ufficio anagrafe e di casa erano anche molti maranesi, che in cambio di 80-100 euro acconsentivano ad ospitare (solo sulla carta) gli stranieri, che una volta ottenuta l’iscrizione anagrafica e la carta d’identità andavano poi a richiedere o rinnovare anche il permesso di soggiorno.

Tra la Moio e Bracaj, secondo quanto appurato dai carabinieri, ci sarebbero stati anche numerosi contatti telefonici.

Emblematica un’altra dichiarazione, resa agli inquirenti dall’ex convivente dell’albanese: “Quando vivevo con Bracaj la casa era diventata una sorta di meta di pellegrinaggio da parte di cittadini stranieri ma anche di italiani indigenti che, in cambio di 80-100 euro, si prestavano a fornire la loro disponibilità”.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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