Marano, il rischio dissesto non è stato scongiurato: ecco i contenziosi e i debiti che rischiano di “strozzare” il Comune. Bisogna invertire la rotta su tributi, strisce blu e patrimonio immobiliare

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Il Comune è sempre sull’orlo del crac finanziario. E a decidere le sorti dell’Ente, già da tempo in condizione di pre-dissesto, sarà l’esito dei contenziosi in atto con società pubbliche, ditte private, proprietari terrieri e un numero impressionante di professionisti o ex consulenti. Qualora l’esito dei contenziosi dovesse risolversi in senso sfavorevole per il Comune, la dichiarazione ufficiale di default sarebbe pressoché inevitabile.

La triade commissariale, che da qualche giorno regge le sorti del Comune sciolto per infiltrazioni della criminalità organizzata, ha già dovuto fare i conti con la dura realtà dello stato della cassa. L’ente sta affondando sotto i colpi del debito strutturale, quello contratto dalle vecchie amministrazioni (Bertini in primis), e per effetto di una miriade di cause legali (circa mille) che rischiano di assestare il colpo di grazia.

A  trascinare il Comune in tribunale sono stati, nel corso degli anni, la società Beghelli, che vanta un credito di 700 mila euro, Acqua Campania (circa 10 milioni di euro), il Comune di Napoli (1 milione di euro), la Presidenza del Consiglio dei Ministri (1 milione e 500 mila euro), la Sapna (2 milioni di euro), De Vizia Transfer (1 milione e 200 mila), Banca Sistema (309 mila euro) e persino l’avvocato ed ex vicesindaco di Napoli Riccardo Marone, per un decennio consulente dell’Ente, che vantava un credito di 700 mila euro, poi ridotto a 350 mila dopo una lunga trattativa conclusasi con un accordo bonario tra le parti.

Ma non è tutto: nel giro di poche settimane o mesi l’ente cittadino potrebbe soccombere (la probabilità è altissima) contro la società Giardino dei Ciliegi Scarl (220 mila euro), l ditta Romano e famiglia Cacciapuoti (indennità di esproprio di poco superiore al milione e 500 mila euro), l’Eni Gas (120 mila euro) e l’avvocato Ivan Filippelli (114 mila euro), che ha assistito in sede processuale ex amministratori e dipendenti comunali. A tutto questo si sommano i debiti fuori bilancio di piccola entità (centinaia di migliaia di euro) e le rate dei mutui da versare.

Un quadro a tinte foschissime, insomma, che potrebbe costringere i nuovi commissari a varare un piano straordinario per salvare l’ente comunale dal dissesto. Già la giunta Liccardo, destinataria del provvedimento di scioglimento per le ingerenze della camorra nella sfera amministrativa, aveva approvato una manovra per mettere in sicurezza i conti. Un piano per spalmare il debito in un arco temporale di circa 30 anni, con tanto di prestito dallo Stato, che però potrebbe non risolvere il problema. Prima di gettare la spugna, tuttavia, la nuova triade tenterà di mettere mano alle questioni più delicate.

Il prefetto Repucci, il viceprefetto De Caro e il funzionario ministeriale Greco, se vogliono ottenere qualche risultato degno di tal nome, dovrebbero tentare la strada del recupero degli oneri del condono edilizio (finora sono è stato incamerato poco più di 1 milione a fronte dei 15 sul piatto) e le somme, anch’esse ingenti, relative al mancato pagamento dei canoni idrici e delle strisce blu. Il piano dovrebbe contemplare anche l’alienazione di molti beni comunali. L’idea era già venuta all’ex commissario straordinario Tramonti, ma finora non se n’è fatto nulla.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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