Le mani dei Lo Russo sulla vendita del pane, ecco le confessioni del pentito

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Se dal 2009 a Chiaia il pane è stato più salato, nel senso che è costato di più che in altre zone di Napoli, lo dobbiamo a lui. Che oggi confessa e chiarisce: «Sì, ho investito nel pane, nel racket che impone le provviste di pane a commercianti, ristoratori, supermercati». Parola di Antonio Lo Russo, fino a qualche mese fa boss reggente del clan dei cosiddetti capitoni, poi passato a collaborare con la giustizia. Poche pagine, sono le sue prime dichiarazioni messe agli atti, tra dichiarazioni coperte da omissis, che mostrano un personaggio sicuro di sé, deciso ad offrire coerenza e affidabilità quando si presenta al cospetto della Dda di Napoli. Ci sono due verbali messi agli atti nel corso del processo alla camorra di Secondigliano, che prenderà le mosse il prossimo 14 febbraio dinanzi al Tribunale di Napoli. Si parte dai soldi, dagli investimenti nell’economia pulita, a conferma di un trend sul quale stanno parlando anche gli zii Mario e Carlo Lo Russo. Ai pm della Dda di Napoli, Antonio Lo Russo racconta di aver investito 130mila euro nella gestione di un panificio, in modo da assicurare l’assunzione della moglie in un’azienda del clan e una rendita fissa di diecimila euro al mese per un lungo periodo di tempo. Pane della camorra, un fenomeno confermato dall’ultimo boss pentito della camorra di Secondigliano. Latitante di lungo corso, Antonio Lo Russo (figlio di Salvatore, il primo boss a pentirsi in quel di Miano), ha ricostruito l’affaire facendo nomi e numeri di un fenomeno criminale. Intercettazioni e verbali di collaboratori di giustizia, quanto basta a mettere insieme una serie di conferme.

La prima riguarda il prezzo: dal 2012 in poi, alcuni punti della città il prezzo del pane è aumentato, è schizzato, proprio sulla scorta dell’intervento del clan Lo Russo. Poi, il figlio del boss di Miano fa i nomi di alcuni imprenditori condannati in via definitiva nel corso del processo Megaride, quella sul reimpiego dei soldi del contrabbando in alcuni ristoranti della città. Ma non è tutto. Dopo quattro anni di latitanza, Lo Russo offre un ampio ventaglio di informazioni passate in questi giorni al setaccio della Dda. Inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice e dal pm Enrica Parascandolo, si va dagli affari ai delitti di camorra. È il quattro novembre scorso, quando Antonio Lo Russo dà inizio alla sua testimonianza: «Sono in grado di riferire di omicidi», sia in riferimento a quelli di cui il boss pentito si assume piena responsabilità, sia rispetto a quelli in cui «non ho avuto personalmente un ruolo ma dei quali sono a conoscenza».
Il Mattino
© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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