Concordia, le motivazioni della sentenza d’appello: “Lasciò la nave con tanti passeggeri ancora a bordo”

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Mentre Sono impietose le motivazioni della sentenza con la quale la corte di appello di Firenze ha condannato tre mesi fa a 16 anni di carcere e un mese di arresto Francesco Schettino. Non solo, per i giudici fiorentini che hanno confermato la pena di primo grado, il capitano di Meta di Sorrento abbandonando la nave, ha violato la legge e il codice d’onore che ogni uomo di mare e di comando dovrebbe avere impresso nel suo Dna, ma fu lui il vero responsabile di quel naufragio. Perché, secondo la giuria, la vera «intenzione» di Schettino non era seguire la rotta del cartografo ma quella di «navigare secondo il suo istinto marinaresco, più a ridosso dell’isola, confidando nella sua abilità».

Insomma l’ex comandante della Concordia «intendeva non attenersi alla nuova rotta tracciata dal cartografo Canessa per l’inchino al Giglio, ma passare più vicino all’isola seguendo una sua rotta che non era stata comunicata ad alcuno». E quella rotta «ben più prossima all’isola del Giglio, non segnata sulla carta né inserita nel computer di bordo» fu quella catastrofica che portò all’impatto con gli scogli e che «Schettino effettivamente seguì fino a impattare il basso fondale».a su quella lancia di salvataggio, negli stessi minuti in cui la Costa Concordia si stava inclinando paurosamente, il comandante Schettino sapeva che «diverse persone si trovavano sul lato sinistro della nave», passeggeri da salvare, da aiutare, da guidare come avrebbe fatto qualsiasi comandante su una nave che stava affondando di notte davanti all’Isola del Giglio. Sapeva, Schettino, «o quanto meno aveva seri dubbi in tal senso» ma « decideva in ogni caso di allontanarsi in modo definitivo dalla Concordia».

Il Corriere

 

 

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