Gomorra dalla A alla Z. Quei giovani che volevano spodestare i vecchi padrini. Da Mennetta a Riccio, da Mallo a Genidoni

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Il pentimento di gran parte dei boss che formavano il cartello malavitoso della Nuova Famiglia, quello che un tempo si contrapponeva a Raffaele Cutolo, e i colpi assestati negli ultimi anni dalla magistratura, che hanno avuto l’effetto di decapitare vere e proprie holding del crimine, hanno prodotto un terremoto nella camorra napoletana. Le nuove leve della malavita nascono in questo contesto. Una nuova generazione fatta di tatuaggi, pistole sempre pronte, cocaina, serate in locali esclusivi, abiti griffati e moto di grossa cilindrata.
Antonio Mennetta fu arrestato a Pompei la notte del 4 gennaio 2013. Classe 1985, inizia la sua carriera criminale da giovanissimo, a soli 19 anni, ai tempi della prima faida di Scampia. Era parte integrante del gruppo di fuoco del clan Di Lauro, al cui interno figurava anche suo zio, Salvatore Petriccione, alias Totore o’ Marenaro.
Lui, zio Petriccione e altri suoi parenti, Rosario Guarino detto Jo banana, i fratelli Magnetti, i fratelli Accurso costituirono un gruppo criminale denominato Vanella Grassi (il nome della loro roccaforte). Tale gruppo tradì i Di Lauro schierandosi con gli Scissionisti, ma la scelta non fu condivisa da Mennetta, a quel tempo recluso ed imputato di omicidio.  Una volta scarcerato per decorrenza dei termini, Mennetta è protagonista della terza faida di Scampia: si accorderà con i Di Lauro e Mariano Riccio e darà il la ad una lunga scia di sangue con l’omicidio di Raffaele Stanchi, elemento di spicco del gruppo Abete-Abbinante-Notturno-Leonardi-Marino.
Il suo obiettivo appare chiaro in un’intercettazione ambientale: bisognava sterminare tutti i gruppi malavitosi di Secondigliano e Scampia. Mennetta voleva diventare l’imperatore indiscusso di tutto il cartello malavitoso.
Antonio Genidoni, in ambienti malavitosi denominato Tonino ‘e Marano (perché scontò un periodo agli arresti domiciliari in un appartamento a Marano), assieme al fratello Ciro (assassinato) e al patrigno Pietro Esposito detto Pierino (anche lui assassinato), è stato da sempre nell’orbita dei gruppi criminali della Sanità, prima con i Misso, poi con i Sequino, poi con i Savarese e via di seguito fino all’arrivo degli uomini dell’area nord: i Lo Russo, che come referente avevano Francesco Bara (ucciso in un agguato di stampo camorristico), e il gruppo Tolomelli-Vastarella, referenti dell’Alleanza di Secondigliano. Da quel momento la posizione di Pierino e dei suoi figli diventa scomoda per i traffici illeciti dei nuovi padroni della Sanità, che non esiteranno a fare fuori prima il fratello di Genidoni, cioè Ciro detto o’ Spagnuolo, in via Santa Maria Antesecula, e poi il suo patrigno, il ras Pierino, freddato a bordo del suo scooter in piazza Sanità.
La vendetta di Genidoni non si farà attendere ed ecco che la sera del 22 aprile del 2016, in via delle Fontanelle, roccaforte del clan Vastarella, va in scena un inferno di piombo. Il bilancio sarà di 2 morti e 3 feriti, ma il clan Vastarella non resterà a guardare e il 7 maggio di quest’anno, a Marano, entrano in azione i killer del gruppo. Sarà una vendetta trasversale e a cadere saranno due persone non coinvolte nella malavita, ovvero il padre e il fratello di un affiliato al clan Genidoni. Tonino ‘e Marano sarà poi arrestato pochi giorni dopo a Milano.
Walter Mallo, classe 1990, da semplice vedetta riesce a creare un gruppo e a barricarsi nel suo rione nativo: il Don Guanella. Da lì partirà la sua ascesa. Mallo si ribellerà al clan egemone della zona: i famigerati “capitoni” di Miano. Walterino, per gli amici, e’ un figlio d’arte: anni addietro, infatti, furono ammazzati il padre e lo zio, suo omonimo. Entrambi erano affiliati al boss dell’epoca Costantino Sarno, scomparso (caso di lupara bianca) per contrasti con il clan Licciardi.
Walter si mette a capo di una squadra di una ventina di ragazzi, che a bordo di potenti moto danno vita a”stese” quotidiane nelle piazze di spaccio dei Lo Russo, minacciando di morte sentinelle e pusher e intimando loro  di passare dalla propria parte. Ormai il ragazzo ha capito che il clan Lo Russo è un clan in declino, in quanto i vertici del sodalizio hanno deciso di diventare collaboratori di giustizia. E allora tenta il colpo di mano, cercando di conquistare i territori di Miano, Marianella, Chiaiano, Piscinola e Capodimonte, ma il sogno sarà infranto dalla magistratura che ne dispone l’arresto il 5 maggio del 2016 per associazione di stampo camorristico.
Mario Riccio, detto Mariano, classe 1991, diventerà un pezzo da novanta della camorra, non tanto per la sua caratura criminale o per le sue azioni delittuose, ma perché, per un periodo, sarà il reggente dei famigerati Amato-Pagano. Riccio è un membro della loro famiglia, perché sposa una delle figlie del boss Cesare Pagano, alias Cesarino. Mariano, dopo la cattura del suocero, diventerà il referente nei territori di Melito, Mugnano, Arzano e Casandrino. Oltre ad avere a disposizione un esercito di soldati arroccati nelle palazzine di Melito, Mugnano ed Arzano, si circonderà di 10 uomini nativi e cresciuti a Marano. E’ la cosiddetta “paranza dei maranesi”, che è funzionale a portare a termine il suo piano criminale: quello di tentare la scalata anche nel territorio di Marano cercando di spodestare le vecchie famiglie dal comando dei business illeciti.
Il giovane rampollo vuole vendicare le offese e le mortificazioni subite in passato (da elementi dei Polverino) da qualche suo parente, soprattutto in relazione alla vendita di stupefacenti.  Mariano Riccio verrà arrestato nel febbraio del 2014 in un appartamento a Qualiano, dopo qualche anno di latitanza. Il suo gruppo di fedelissimi verrà annientato sia dai killer sia dalla magistratura.
Pasqualino Sibillo, detto Lino, 25 anni, è il rampollo dell’omonima famiglia del rione Forcella: è considerato, assieme al fratello Emanuele (ucciso in un agguato di stampo camorristico), leader del cartello camorristico denominato “paranza dei bimbi”. Un gruppo di giovani, feroci, spregiudicati, in possesso di moto velocissime e tasche piene di soldi. Per qualche tempo hanno detenuto il potere nel centro storico di Napoli. In pochissimo riuscirono a cacciare dal rione Forcella e zone limitrofe i referenti del fortissimo clan Mazzarella, appropriandosi di tutti i traffici illeciti, in primis le piazze di spaccio, per non parlare poi delle estorsioni e di tutto il resto.
Il declino del gruppo avviene nella notte tra il 1 e il 2 luglio dello scorso anno: il rampollo Emanuele si reca in via Oronzo Costa, roccaforte di una famiglia rivale. Ne nascerà una sparatoria nella quale il giovane Emanuele sarà colpito alla schiena e morirà poche ore dopo al Loreto Mare di Napoli. Lino invece verrà arrestato il 4 novembre in provincia di Terni. Sul suo capo pendono accuse di associazione camorristica finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione e omicidio.

 

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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