Broccoli e mozzarella dall’estero, ecco i cibi più pericolosi

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I cibi più tossici. A preoccupare gli agricoltori non è soltanto la concorrenza sleale, ma anche il danno che viene alla nostra salute, perché molti dei cibi contraffatti non perdono soltanto in sapore e valori nutrizionali, ma poiché prodotti in condizioni non controllate possono essere dannosi per la salute. Che c’è di più salutare dei broccoli, pensiamo nel metterli nel carrello della spesa, da tempo indicati come protettori contro il cancro, e non sappiamo che in realtà mangeremo un concentrato di residui chimici, visto che la verdura proviene non dalle nostre campagne ma dalla Cina. Proprio i broccoli sono in testa alla black list di Coldiretti per irregolarità riscontrate, seguiti dal prezzemolo vietnamita, il basilico indiano, le melegrane egiziane, il peperoncino thailandese. Inquieta davvero vedere come i prodotti incriminati siano di largo consumo sulle nostre tavole. E mentre i fruttivendoli sono obbligati a indicare la provenienza delle merci, questo non accade per i prodotti lavorati, per cui se si acquista un vasetto di basilico l’etichetta non è tenuta a precisare da dove proviene l’ingrediente principale.

Il dossier. Con la quasi totalità (92%) dei campioni risultati irregolari per la presenza di residui chimici, come detto sono i broccoli provenienti dalla Cina il prodotto alimentare meno sicuro, ma a preoccupare è anche il prezzemolo del Vietnam con il 78% di irregolarità e il basilico dall’India che è fuori norma in ben 6 casi su 10. La “Black list dei cibi più contaminati” presentata dalla Coldiretti è stata stilata sulla base delle analisi condotte dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) nel “Rapporto 2015” sui Residui dei Fitosanitari in Europa.Il primato negativo della Cina non è una novità, anche nel 2015 da lì proveniva il maggior numero di prodotti irregolari, contaminati da micotossine, additivi e coloranti fuori legge.
Alimenti contaminati. Se nella maggioranza dei broccoli cinesi è stata trovata la presenza in eccesso di Acetamiprid, Chlorfenapyr, Carbendazim, Flusilazole e Pyridaben, nel prezzemolo vietnamita – sottolinea la Coldiretti – i problemi derivano da Chlorpyrifos, Profenofos, Hexaconazole, Phentoate, Flubendiamide mentre il basilico indiano contiene Carbendazim, che è vietato in Italia perché ritenuto cancerogeno.Nella classifica dei prodotti più contaminati elaborata alla Coldiretti ci sono però anche le melagrane dall’Egitto che superano i limiti in un caso su tre (33%), ma fuori norma dal Paese africano sono anche l’11% delle fragole e il 5% delle arance, che arrivano peraltro in Italia grazie alle agevolazioni all’importazione concesse dall’Unione Europea. Con una presenza di residui chimici irregolari del 21% i pericoli – continua la Coldiretti – vengono anche dal peperoncino della Thailandia e dai piselli del Kenia contaminati in un caso su dieci (10%). I problemi riguardano anche la frutta dal Sud America, come i meloni e i cocomeri importati dalla Repubblica Dominicana che sono fuori norma nel 14% dei casi per l’impiego di Spinosad e Cypermethrin e il 15% della menta del Marocco.

L’eccellenza italiana. “L’agricoltura italiana- sostiene la Coldiretti – è la più green d’Europa con 281 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp), il divieto all’utilizzo degli ogm e il maggior numero di aziende biologiche, ma è anche al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di quasi 20 volte quella dei prodotti extracomunitari (7,5%)”. Un’eccellenza che viene spesso messa in difficoltà dalla concorrenza sleale di produttori non altrettanto trasparenti: “Non c’è più tempo da perdere e occorre rendere finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero per far conoscere anche ai consumatori i nomi delle aziende che usano ingredienti stranieri”, ha sottolineato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “bisogna liberare le imprese italiane dalla concorrenza sleale delle produzioni straniere realizzate in condizioni di dumping sociale, ambientale con rischi concreti per la sicurezza alimentare dei cittadini”.

Pizze taroccate. Dalla mozzarella lituana al concentrato di pomodoro cinese, passando per l’olio tunisino e il grano canadese, quasi due pizze su tre servite in Italia sono ottenute da un mix di ingredienti provenienti da migliaia di chilometri di distanza, senza alcuna indicazione per i consumatori. Nel 2015 – emerge dal dossier – sono infatti aumentate del 379% le importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina, che hanno raggiunto circa 67 milioni di chili nel 2015, pari a circa il 10% della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente, ma a crescere del 279% sono state anche le importazioni di olio di oliva dalla Tunisia mentre c’è stato un incremento del 17% dei prodotti caseari destinati alla trasformazione industriale e, tra queste, soprattutto le cagliate provenienti dalla Lituania e destinate a produrre mozzarelle senza alcuna indicazione sulla reale origine in etichetta. E i primi dati del gennaio 2016 non sono incoraggianti neanche sul fronte delle importazioni di grano tenero, con l’aumento di mille tonnellate delle importazioni dall’estero. La pizza sviluppa un fatturato di 10 miliardi di euro in Italia, dove ogni giorno si sfornano circa 5 milioni di pizze per un totale di 1,8 miliardi all’anno. In termini di ingredienti significa – stima la Coldiretti – 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Che molto spesso non sono italiani, con buona pace del nostro prodotto simbolo.

Repubblica

© Copyright Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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