Marano, quelle primarie del centrosinistra e l’ombra del voto degli scissionisti

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L’ombra degli “scissionisti” sulle primarie del centrosinistra del 2013? La politica cittadina, ad oltre due anni e mezzo dalle consultazioni che sancirono la vittoria di Michele Palladino, in quel periodo esponente dell’Italia dei valori, continua ad interrogarsi su quella vecchia vicenda, ben nota agli addetti ai lavori ma rimasta per troppo tempo confinata in un ambito alquanto ristretto. Di primarie strane, inquinate se ne era parlato già in passato, quando alcuni esponenti dei dem e di altri partiti riferirono, seppur senza fare nomi, di strani movimenti ai seggi. Qualcuno ne parlò, anche sui giornali, ma la cosa (senza specifiche denunce) fu inevitabilmente archiviata.

Poche settimane fa, invece, Mauro Bertini l’ha riproposta in Consiglio comunale e con riferimenti che lasciano ben poco spazio alle interpretazioni. “L’amministrazione comunale – si legge in uno dei passaggi del verbale dell’ultima assise – va a prendere ispirazione da chi si veste da sceriffo e che poi va a chiedere i voti dappertutto quando si tratta delle primarie del centrosinistra, anche a quelle famiglie che avrebbero tanto da dire alla magistratura”.

Il riferimento è alla presenza nell’anagrafe dei votanti a quelle primarie di nomi che, tra il 2012 e il 2014, erano balzati agli onori delle cronache giudiziarie. Un gruppo di giovani malavitosi, legati alla fazione degli “scissionisti” di Mugnano e Melito “che in quegli anni aveva dettato legge in città, sfidando apertamente gli affiliati dei clan egemoni, ovvero Polverino e Nuvoletta.

Quel gruppo di ragazzi, già da tempo nel mirino delle forze dell’ordine,  sono finiti poi in carcere o rimasti vittime di agguati mortali. Tra i votanti di quella consultazione, che si tenne nella primavera del 2013, figurano non solo i loro nomi (come si evince dagli elenchi dei votanti) ma anche quelli dei loro familiari. Seppur in ritardo, l’affondo di Bertini ha indotto gli esponenti del Partito democratico di Marano a chiedere che gli atti di quel Consiglio fossero inviati alla locale tenenza dei carabinieri.

Una richiesta formale, insomma, che pare sia stata accolta dal segretario generale del Comune Luigi Cupolo. I passaggi contenenti le dichiarazioni dell’ex sindaco sono stati inviati ai militari dell’Arma, in quanto “in questa storia – argomenta il consigliere democratico Roberto Sorrentino – il Pd potrebbe esser stata parte lesa”. La resa dei conti nel centrosinistra cittadino, uscito malconcio da quelle primarie e dal successivo voto amministrativo (le elezioni furono vinte dal sindaco forzista Angelo Liccardo), arriva dunque ad oltre due anni mezzo da quei fatti, quando ormai lo scenario politico risulta essere completamente mutato.

Michele Palladino, nel 2013 candidato sindaco della coalizione progressista “Marano bene comune”, è attualmente un consigliere di maggioranza e sostiene l’amministrazione di centrodestra targata Liccardo. Il suo voto in aula è determinante, visto che il primo cittadino in carica può contare sull’appoggio di tredici consiglieri su un totale di venticinque rappresentanti del civico consesso. Quanto alle denunce in aula consiliare e all’invio degli atti ai carabinieri, nessuno, ovviamente, può dimostrare con certezza (anche se tutti sanno cosa accadde in quel periodo) che i voti di quella fazione criminale siano andati a Caio piuttosto che a Sempronio. A sfidarsi, in quel periodo, erano Michele Palladino (Idv), Matteo Morra (Pd), Felice De Vita (Centro democratico) e Stefania Fanelli (Sel). E’ certo, però, che quelle persone votarono e che il loro contributo elettorale non fu irrilevante.

 

© Copyright 2016 Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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