Svolta dopo quattordici anni sull’omicidio di Angelo Vassallo, il “sindaco-pescatore” ucciso con nove colpi di pistola ad Acciaroli il 5 settembre 2010. Al colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, finito ieri mattina in manette viene contestata l’accusa di essere stato l’organizzatore del delitto.
L’ufficiale, secondo la procura di Salerno, avrebbe inoltre favorito il clan Cesarano di Pompei-Scafati e avrebbe assicurato il depistaggio delle indagini agli altri tre indagati: l’imprenditore Giuseppe Cipriano, l’ex boss Romolo Ridosso e l’ex brigadiere Lazzaro Cioffi.
Questi ultimi – sempre secondo l’accusa – avrebbero preso parte all’ideazione, pianificazione e organizzazione dell’omicidio di Vassallo: i primi sopralluoghi preliminari sarebbero stati eseguiti da Cioffi, poi da Ridosso e Cipriano i quali si assicurarono che nel luogo dove poi avvenne l’omicidio non ci fossero telecamere di videosorveglianza.
Nella fase successiva al delitto, il colonnello Cagnazzo – secondo l’accusa – «come concordato in precedenza, depistava effettivamente le indagini condotte dalla Procura di Salerno» indirizzandole verso una falsa pista, «quella dell’alterco del primo cittadino con Bruno Humberto Damiani e Roberto Vassallo (solo omonimo del sindaco ucciso, titolare di un hotel) per questioni legate allo spaccio di stupefacenti».
Cagnazzo, secondo quanto emerso dagli accertamenti dei carabinieri del Ros, dopo l’omicidio del sindaco pescatore si sarebbe adoperato per diffondere false notizie circa il coinvolgimento di Damiani sostenendo che fosse positivo all’esame dello stube. Damiani, sosteneva falsamente l’ufficiale dell’Arma ora detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, si era anche occupato di pedinare la vittima nei pressi del porto di Acciaroli.
Altra fake news che il carabiniere diffuse all’epoca era quella dell’esistenza di un “gruppo Damiani” dedito al traffico di droga. Tra le informazioni non riferite ai pm, figura anche la circostanza dell’incontro tra il sindaco ucciso e il comandante dei carabinieri di Agropoli e i pm della Procura di Vallo della Lucania, che sarebbe dovuto avvenire il giorno dopo l’omicidio.
Quanto al movente, il delitto del “sindaco-pescatore” sarebbe maturato perché quest’ultimo aveva scoperto un traffico di stupefacenti – scrivono gli inquirenti – «gestito da Giovanni Cafiero, Pasquale Garofalo, Raffaele Maurelli, Fabio Cagnazzo, Lazzaro Cioffi, Giuseppe Cipriano e Giovanni Palladino» e «aveva intenzione di denunciare i fatti ai carabinieri di Agropoli. L’ex boss stabiese Romolo Ridossodopo avere negato per anni di avere incontrato dopo il delitto, Cioffi, l’8 giugno 2022 ha ammesso il colloquio e fornito dei chiarimenti.
Ha spiegato che l’uomo giunto a casa sua a Lettere in auto insieme a Cioffi era Giuseppe Cipriano e che entrambi si erano recati da lui per intimargli di non rivelare nessun particolare dell’omicidio di Vassallo, minacciandolo di rovinarlo. Antonella Mosca, convivente di Ridosso, il 13 febbraio 2018 aveva messo a verbale: «Al suo rientro ricordo che affermò, parlando a voce alta da solo, “pure il pescatore lo abbiamo messo a posto”».
Il Roma
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