Una svolta, inattesa, nell’inchiesta sulla corruzione in regione Liguria. Infatti, l’ex governatore Giovanni Toti chiude patteggiando per le accuse di corruzione e finanziamento illecito ai partiti, ossia i reati per i quali era stato arrestato a maggio scorso. I domiciliari erano poi stati revocati lo scorso luglio, dopo le dimissioni del governatore. Il patteggiamento è a 2 anni e 1 mese: in virtù della mossa, chiude definitivamente ogni pendenza ed evita il processo, il cui inizio era stato fissato per il prossimo 5 novembre.
Con il patteggiamento, Giovanni Toti rinuncia a qualsiasi difesa nel merito e, come detto, anche al processo con rito abbreviato, chiesto in precedenza. La Procura, che con la decisione di Toti di patteggiare vede de facto confermato il proprio impianto accusatorio, ha dato parere favorevole. L’ultima valutazione, ora, spetterà al giudice dell’indagine preliminare, che dirà l’ultima parola sul patteggiamento in un’udienza che verrà fissata a breve.
Il patteggiamento, proposta dalla Procura e che andava attuato entro il 15 settembre, non prevede l’accusa di corruzione che, di conseguenza, decade. Patteggia anche Paolo Signorini, ex presidente dell’Autorità portuale di Genova (3 anni e 6 mesi); ancora da definire la posizione dell’imprenditore Aldo Spinelli.
In virtù della legge Cartabia, se l’accordo verrà ratificato dal Giudice per l’udienza preliminare a cui spetta l’ultima parola, Giovanni Toti vedrà convertita la pena in 1.500 ore di lavori di pubblica utilità, oltre alla confisca di 84mila euro per i reati di corruzione impropria e finanziamento illecito dei partiti. Da par suo, successivamente all’arresto, l’ex governatore aveva sempre respinto l’accusa di corruzione, sostenendo la necessità di modificare la legge sul finanziamento ai partiti, legge la cui violazione è al centro del patteggiamento. Ed è stato poi lo stesso Toti a commentare questa nuova fase giudiziaria sul suo conto: “Come tutte le transazioni, anche questa suscita sentimenti opposti: da un lato, l’amarezza di non perseguire fino in fondo le nostre ragioni di innocenza, dall’altro, il sollievo di vederne riconoscere una buona parte. Resta quel reato ’di contesto’, definito corruzione impropria, legato non ad atti, ma ad atteggiamenti: un’accusa – sottolinea Toti – difficile da provare per la sua evanescenza, ma altrettanto difficile da smontare per le stesse ragioni”.
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