Ma che ne sai tu davvero di quanto è bello il mio paese, che tutti conoscono solo per le sfortune capitate alla sua gente». Con un appassionato video su TikTok una utente racconta le bellezze bistrattate di San Luca, il paese in provincia di Reggio Calabria che più di ogni altro è conosciuto come roccaforte di ’ndrangheta. Peccato che le “sfortune” a cui si accenna siano faide, morti ammazzati, come quelli della strage di Duisburg del 15 agosto 2007, e tanto carcere.
Quest’anno a San Luca non si è votato perché non c’era nessuna lista e nessun candidato. La spiegazione che danno le istituzioni è la paura della ’ndrangheta o dello scioglimento del comune per infiltrazione di ’ndrangheta. La vera ragione è la radicalizzazione di un sentimento anti-Stato che, oltre a essere un problema di ordine pubblico, è un problema politico e un pericolo per la democrazia. Questa radicalizzazione fomenta e si nutre di ’ndrangheta, certo, ma paradossalmente può diffondersi molto più della ’ndrangheta stessa, tanto a San Luca che altrove.
La Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Chiara Colosimo di Fratelli d’Italia, calcola che oggi a San Luca su 3.500 abitanti complessivi oltre 200 siano detenuti per reati legati alla criminalità organizzata, e altri 50 o 60 sarebbero sottoposti a qualche tipo di misura cautelare. Le cifre sono state fornite in una conferenza stampa che si è tenuta proprio a San Luca il 20 giugno scorso. Durante l’incontro, che si è svolto praticamente a porte chiuse nella caserma dei carabinieri, è stato anche annunciato un possibile doppio commissariamento del comune dovuto all’assenza di candidati alle ultime elezioni municipali.
La questione è ulteriormente complicata dal fatto che sei mesi prima la prefetta Clara Vaccaro aveva ottenuto dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi la delega per esercitare il potere d’accesso, che permette di prendere visione dei documenti amministrativi del comune. Ciò significa che a inizio luglio a San Luca si è insediata una commissione che dovrà verificare se negli ultimi cinque anni il comune sia stato infiltrato dalla ’ndrangheta. Allo stesso tempo però, a San Luca dovrebbe insediarsi un commissario anche per l’assenza di liste alle elezioni municipali. Considerato che l’amministrazione uscente è appunto decaduta, sembra paradossale volerla, eventualmente, anche sciogliere per mafia proprio quando guidata da un commissario.
I giornali locali si sono lamentati di aver ricevuto comunicazione della conferenza stampa solo all’ultimo momento. Le domande, inoltre, fatta eccezione per un’intervista alla Rai, dovevano essere fatte pervenire in anticipo. A questi lamenti si sono aggiunti quelli dei “santalucoti” – o sanluchesi – su TikTok: «E chi vinniru a fari, a spiarci picchì simu in guerra?» (traduzione: «E che sono venuti a fare, a chiederci perché siamo in guerra?»). E qui sta il nocciolo della questione. Tra le tante cose dette – molte delle quali, almeno in astratto, condivisibili – durante la conferenza stampa spicca questa dichiarazione della presidente Colosimo: «Questo territorio è rimasto ed è povero, triste, chiuso come l’abbiamo visto, perché io non ho incontrato nessun cittadino venendo qui». La ragione per cui la commissione non incontra nessuno, forse, è proprio che i sanluchesi si sentono «in guerra».