Tira dritto Giorgia Meloni, senza tentennare sui due grandi dossier che hanno animato le ultime settimane al timone di Palazzo Chigi: la riforma del premierato da un lato e l’accordo a sorpresa con Edi Rama dall’altro, foriero di mugugni nella maggioranza e detonatore della rabbia delle opposizioni.
La “madre di tutte le riforme” – copyright Giorgia Meloni – approderà la settimana prossima al Senato, dunque niente avvio dell’iter a Montecitorio come da attese. Una scelta che per le opposizioni puzza di bruciato lontano un miglio, visto che il regolamento di Palazzo Madama rende molto più ardua, per la minoranza, la battaglia da intentare per rallentare il cammino del disegno di legge. Soprattutto -il sospetto che serpeggia e rimbalza tra i Palazzi romani- è che la scelta del governo sia ricaduta sul Senato perché è lì che Meloni può contare sulla presidenza del fedelissimo Ignazio La Russa, mentre sulla tolda di comando della Commissione Affari costituzionali -primo approdo della riforma- siede un altro meloniano di ferro, Alberto Balboni.
Opposizioni in rivolta
La misura è colma per le opposizioni, che invocano in Aula alla Camera una capigruppo urgente, visto che “la motivazione” di questa decisione, tuona Simona Bonafé del Pd, “sarebbe dovuta all’appartenenza politica del presidente della Camera e di quello della prima commissione”, leggi Lega e Fi, “che non darebbero sufficienti garanzie all’iter del provvedimento”, col rischio che la Camera “venga considerata una succursale”. Per Francesco Boccia, capogruppo dem a Palazzo Madama, “la giornata di oggi (ieri, ndr) conferma quello che denunciamo da tempo: al Senato si svolgerà il baratto, nella maggioranza, tra Premierato e Autonomia”.