Il salasso del superbonus costa 92 miliardi per le casse dello Stato: e potrebbe aumentare la spesa prima della fine del 2023

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Non solo la manovra è blindata, non si possono fare emendamenti e i saldi devono restare tassativamente invariati, ma anche il «decreto Anticipi» che aggiunge 4,5 miliardi di misure ai 24 previsti con la legge di Bilancio non si può toccare. Ne fa innanzitutto le spese l’emendamento presentato da Forza Italia, quasi simile a quello dei 5 Stelle, che puntava a prorogare di sei mesi il superbonus del 110% per quei condomini che al 31 dicembre 2023 avessero già completato il 60% dei lavori (30% nella proposta grillina).

Conti alla mano se ne comprendono però i motivi: in base agli ultimi dati comunicati ieri dall’Enea a fine ottobre gli investimenti ammessi in detrazione a causa del superbonus 110% hanno infatti sfondato il tetto dei 90 miliardi di euro toccando quota 92,42 dagli 88,17 del mese precedente, con ben 83,87 miliardi già maturati a fronte della conclusione dei lavori.

Insomma, una vera zavorra per questa e per le prossime leggi di bilancio.
«Il totale delle detrazioni sui lavori edilizi arriva a più di 140 miliardi: è una situazione fuori controllo» sostiene il sottosegretario alla Presidenza Giovambattista Fazzolari, giustificando in questo modo anche le decisioni di tassare di più le eventuali plusvalenze di quanti decideranno poi di vendere la loro casa ristrutturata prima di 5 o 10 anni. «Non tassiamo la casa – ha spiegato ieri – cerchiamo solo di mettere ordine con una norma di buon senso».
«Il decreto Anticipi?

Lavoreremo solo sugli emendamenti ordinamentali che non abbiano impatto sui saldi» ha annunciato ieri il presidente della commissione Bilancio del Senato, Nicola Calandrini (Fratelli d’Italia), attirandosi subito le critiche del Pd che accusa governo e maggioranza di voler esautorare il Parlamento.

Stando a Calandrini la decisione «è stata presa in ufficio di presidenza e condivisa dal governo» e, semmai, eventuali modifiche di altro tipo «potranno essere prese in esame attraverso il fondo per le modifiche parlamentari previsto dalla manovra». Che però avendo a disposizione appena 100 milioni si sa già che non riuscirà a soddisfare tutte le richieste che si stanno accumulando. Blindato il decreto Anticipi e blindata, ovviamente, anche la legge di Bilancio. Da più parti (palazzo Chigi, Mef e ministero del Lavoro) viene «assolutamente» garantito che l’intervento sulle pensioni dei dipendenti pubblici (medici, infermieri ma non solo), che tante proteste sta suscitando, verrà addolcito.

«Stiamo lavorando a dei correttivi, non solo per i medici» ha assicurato ieri Matteo Salvini.
Anche in questo caso, però, si procederà «tassativamente a saldi invariati» puntando ad individuare le risorse necessarie all’interno dello stesso capitolo previdenza, magari rivedendo al ribasso la rivalutazione delle pensioni prevista nel 2024 e già in parte decurtata. Come ammansire in concreto medici e infermieri da giorni sul piede di guerra assieme ai dipendenti degli enti locali?

Impossibile ipotizzare la cancellazione dell’intero articolo 33 della legge di bilancio che a regime (2043) produrrà un risparmio netto di 2,27 miliardi di euro. Più probabile ragionare su una modifica «più dolce» delle aliquote previdenziali, o magari ragionare su uno slittamento di qualche anno delle modifiche o ancora sulla possibilità di differenziare i trattamenti tra chi esce in anticipo e chi invece lascia il lavoro per anzianità o vecchiaia.

Da tenere in conto che la norma attuale nel 2024 interesserebbe in tutto 31. 500 persone (compresi 3. 800 sanitari) e produrrebbe un risparmio netto di 11,5 milioni di euro.
Nel 2025 il totale salirebbe a 81. 500 pensioni (e a 43,2 milioni di euro si risparmi) e l’anno seguente a 147.300 (con 96,9 milioni di risparmi) mentre a regine sarebbero ben 732 mila.

© Copyright Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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