Marano, processo politica e camorra: la parola agli avvocati dei Cesaro. “Furono ostacolati dal Comune”

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Processo politica, camorra e imprenditoria. Oggi, presso il tribunale Napoli nord, si è tenuta l’attesa udienza del processo che vede imputati, tra gli altri, i fratelli Aniello e Raffaele Cesaro, l’ex sindaco di Marano Mauro Bertini, l’imprenditore edile Angelo Simeoli e l’ex dirigente comunale di Marano Armando Santelia. Rinviati a giudizio, a vario titolo, per concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione aggravata e corruzione. Giornata, come le due precedenti, riservata alle arringhe difensive. A prendere la parola l’avvocato Pecoraro, che assiste i fratelli Cesaro, attualmente in regime di divieto di dimora in Campania. Secondo il noto penalista, che ha ripreso una tesi che era stata già utilizzata nel processo madre, quello sull’area Pip, archiviato con l’assoluzione dei Cesaro dall’accusa di concorso esterno, i due fratelli sarebbero stati pesantemente ostacolati dal Comune di Marano e, in particolare, dall’ex sindaco Mauro Bertini in relazione alla vicenda della realizzazione del complesso industriale di via Migliaccio. Gli imprenditori di Sant’Antimo, nel corso delle precedenti udienze, avevano ammesso di aver pagato tangenti all’ex sindaco e altri esponenti politici di Marano. Tangenti che sarebbero state versate all’ex primo cittadino anche dall’imprenditore Simeoli, anch’egli reo confesso, ritenuto dagli inquirenti vicino al clan Polverino, per un’altra vicenda (Masseria Galeota) oggetto del processo iniziato oltre due anni fa. Il processo volge alle battute finali. L’inchiesta, condotta dal pm Di Mauro, oggi aggiunto a Napoli nord, è di fatto un prolungamento dell’indagine avviata anni prima sull’area Pip di Marano. In questo specifico filone, oltre alla vicenda Pip, vengono passati in rassegna altri eventi della vita amministrativa di Marano: la vicenda della masseria del Galeota, dell’acquisto di Palazzo Merolla e del mercato ortofrutticolo di via Unione Sovietica. Alcuni reati, secondo i legali degli imputati, sarebbero ampiamente prescritti. Resta da valutare, per alcuni imputati, l’aspetto dell’aggravante mafiosa. Uno dei capi di imputazione, datato 2009, è ad ogni modo non ancora coperto dalla prescrizione. L’inchiesta è ben centrata su molti aspetti, il problema è però un altro: molte delle cose trattate dovevano essere contemplate già nel processo madre, quello del 2016. I quasi quattro anni persi per imbastire un’altra inchiesta e un successivo processo hanno prodotto la prescrizione di alcuni presunti reati. Su tale punto, molto ci sarebbe da dire e scrivere. Lo faremo a fine processo.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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