Colpo di scena al processo che vede imputati l’ex sindaco Mauro Bertini, l’imprenditore Angelo Simeoli, i fratelli Aniello e Raffaele Cesaro, l’ex dirigente del Comune di Marano Armando Santelia e l’ex consigliere Dino Pellecchia. Il legale di Bertini, Ivan Filippelli, suo storico difensore e difensore anche di Santelia in svariati processi, ha rinunciato alla difesa dell’ex primo cittadino per sopraggiunta incompatibilità. Nel corso del dibattimento, infatti, sono emerse dichiarazioni e fatti – anche contraddittori – che legano i profili processuali di Bertini e Santelia, difesi dallo stesso penalista.
Processo che si celebra a Napoli nord e che vede gli imputati chiamati a rispondere, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione aggravata e corruzione.
Udienza importante, quella di oggi, con il pubblico ministero Maria Di Mauro che ha iniziato l’esame (interrogatorio) di Bertini. Uno step processuale attesissimo e rinviato qualche settimana fa.
Il pm è partito da lontano, chiedendo a Bertini di ricostruire la genesi della sua attività politica e imprenditoriale: sono stati toccati argomenti attinenti alla Comunità artigiana, fondata alla fine degli anni Sessanta proprio dall’ex sindaco con altri soci e poi fallita nei decenni successivi, ai suoi rapporti con Raffaele Credentino, defunto ex sindaco, in relazione alla concessione di un contributo per legge 219 per il post terremoto dell’Irpinia (vicenda di cui parla anche Antonio Di Guida, ex assessore provinciale, in un suo interrogatorio) e molto altro. I rapporti con Gennaro Danania, imprenditore ritenuto dagli inquirenti vicini ad ambienti controindicati e che per un periodo, come ammesso da Bertini, ha collaborato con lui nella Comunità artigiana. L’ex sindaco ha però riferito che il Danania, con il passare degli anni, aveva fatto carriera e i due si erano poi allontanati. Bertini ha dichiarato che Danania non gli ha mai parlato dei suoi legami familiari con Maurizio Baccante (condannato per l’uccisione di Giancarlo Siani) ma che lui, da quel che erano le voci di strada, ne era venuto a conoscenza.
Le domande del pm, incalzanti, hanno poi toccato altri aspetti: i rapporti politici e di conoscenza tra Bertini e Biagio Iacolare e quale fu l’iter che portò a far sì che Iacolare diventasse presidente del consiglio comunale quando lui era sindaco. Bertini ha spiegato che una decisione presa a maggioranza e che fu fatto per dare a Iacolare, che aveva 4 figli, una ulteriore entrata economica. Il pm Di Mauro ha ricordato a Bertini che Iacolare era presidente di una cooperativa facente capo al gruppo di Antonio Simeoli, alias Ciaulone, e Bertini ha risposto di sapere che era il contabile della Sime costruzioni. La pubblica accusa ha anche chiesto chiarimenti in merito al ruolo politico assunto da Massimo Nuvoletti, Alberto Amitrano e Raffaele Chianese nel periodo in cui era a capo del municipio maranese.
In riferimento a Iacolare, l’ex sindaco ha dichiarato che per un periodo sono stati amici e che talvolta in politica si creano sinergie anche al di là dei colori politici. Per Nuvoletti, Amitrano e Chianese, Bertini – in relazione alle loro parentele con esponenti del crimine organizzato o contigue ad esse – ha invece riferito di esserne a conoscenza ma di averli scelti per le loro capacità.
Particolarmente significativi i passaggi sull’acquisto di Palazzo Merolla, storia evidenziata in passato a più riprese dal nostro giornale. Il pm ha ripreso le frasi riferite dal Bertini (c’è un video pubblicato a suo tempo da Terranostranews) durante un comizio elettorale del 2018, dove l’ex sindaco – in quel periodo in corsa per le amministrative – riferiva di aver trattato per l’acquisto della struttura con un prestanome di Simeoli Antonio, aggiungendo di esserne perfettamente a conoscenza. Sul tema, Bertini ha risposto che certe notizie circolavano sui marciapiedi e che del resto a Marano è notorio che una certa imprenditoria è legata a certi ambienti. Ha inoltre aggiunto che nel 2001, quando ci fu l’acquisto del palazzo da parte del Comune, erano solo voci su Simeoli. Nel 2018, quando lo ha detto in piazza, c’erano anche le sentenze che lo accertavano.
I lavori di quel palazzo, come ricordato dal pm Di Mauro e come riportato in decine di articoli del nostro portale, furono affidati alla Mastromomico di San Cipriano, ditta che qualche anno fa è stata confiscata per mafia. Bertini ha riferito di aver conosciuto i Mastromimico nella fase successiva all’aggiudicazione della gara, quando gli imprenditori vennero da lui per dirgli se poteva fare qualcosa visto che erano stati destinatari di una richiesta estorsiva.
La Di Mauro, come evidenziato in tanti nostri articoli, ha chiesto al Bertini come mai avesse portato a casa sua le buste di gara aperte proprio in relazione ai lavori di rifacimento del Palazzo Merolla. Bertini ha risposto che al Comune non c’erano le chiavi della cassaforte e che dopo averne parlato anche con l’allora dirigente De Biase e altri, si convenne che era più opportuno che le portasse (per un mese) lui a casa. La Di Mauro ha chiesto a Bertini se possedeva un cassaforte nella sua abitazione e l’imputato ha risposto in maniera negativa.
Le contraddizioni più palesi sono però emerse sulla vicenda Santelia, che Bertini – sono sue dichiarazioni – dice di aver conosciuto tramite amici in comune di averlo portato in municipio, a dirigere l’ufficio tecnico, perché lo riteneva in grado di rompere, per le sue capacità e onestà, “il sistema” di quel comparto. Il pm ha ricordato a Bertini che in una dichiarazione confidenziale resa ai carabinieri del Ros (marzo anno 2016) riferì al colonnello Sferlazza che Santelia era un uomo ritenuto vicino ad ambienti di malaffare. Parole confermate anche nei mesi successivi proprio al pm inquirente. Nel frattempo, però, secondo Bertini ci sarebbe stato un chiarimento con Santelia e che da quell’incontro i rapporti con l’ex dirigente dell’ufficio tecnico si sono ripristinati.
Su questo punto, però, si è molto dibattuto: la pubblica accusa ha fatto notare a Bertini che le sue dichiarazioni rese al pm, con tanto di avvocato presente, sono successive all’avvenuto chiarimento con Santelia. In sostanza, Bertini avrebbe detto al pm le stesse cose riferite mesi prima al colonnello Sferlazza, anche nella fase successiva a quella in cu Santelia, intercettato dal Ros proprio dopo le dichiarazioni rese da Bertini, si recò a casa dell’ex sindaco. Siamo nell’anno 2016 e in quel periodo era stata avviata l’inchiesta sull’area Pip di Marano, realizzata da una società dei Cesaro.
Bertini ha aggiunto di non aver avuto rapporti con Santelia dal 2006, quando ha smesso di fare il sindaco, e fino a quando questi si recò a casa sua per il chiarimento che lui ritenne essere esaustivo. Bertini, secondo quanto dichiarato, aveva fatto quelle dichiarazioni al Ros e al pm perché erano girate voci e articoli sui presunti legami tra Santelia e gli imprenditori del mattone di Marano legati ad ambienti malavitosi. In realtà, però, secondo quanto ricostruito dal pm, Bertini avrebbe riferito cose tutt’altro che piacevoli su Santelia anche dopo l’avvenuto chiarimento tra le parti.
Dopo queste dichiarazioni, gli avvocati difensori di altri imputati, in primis l’avvocato Vincenzo Maiello, e l’avvocato costituitosi parte civile per il Comune di Marano, Raffaele Manfrellotti, hanno evidenziato l’incompatibilità persistente dell’avvocato Filippelli, che difendeva fino ad oggi sia Bertini che Santelia. Filippelli ha preso la parola e, tra lo stupore generale, anche dello stesso Bertini, ha deciso di continuare a difendere Santelia e non Bertini. Mossa strategica? Mossa per prendere tempo? E’ probabile che Filippelli abbia in tal modo voluto blindare la posizione di Santelia, l’unico che potrebbe ancora oggi riferire su fatti importanti in relazione alla figura di Bertini.
Il processo è stato sospeso e aggiornato alle prossime settimane per consentire a Bertini di individuare un nuovo legale. Si riprenderà, dunque, con la seconda parte dell’esame del pm.
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