Un’altra importante udienza si è consumata, nella giornata di oggi, a Napoli nord, dove è in corso il processo che vede imputati l’ex sindaco Mauro Bertini, l’imprenditore edile Angelo Simeoli, i fratelli Aniello e Raffaele Cesaro, l’ex dirigente comunale Armando Santelia e l’ex consigliere Dino Pellecchia.
L’udienza di oggi era incentrata sull’esame e il controesame di Aniello Cesaro, che risponde (con il fratello Raffaele) del reato di corruzione aggravata in concorso.
Ecco cosa ha dichiarato:
L’incontro con il boss Polverino. “Era l’anno 2008 e avevamo preso possesso dei terreni su cui sarebbe sorto il Pip. Erano passati appena 10 giorni. Fummo prelevati da tre persone armate che ci dissero di seguirci in un casolare. All’interno c’erano alcune persone, tra cui Giuseppe Polverino. Il boss ci rimproverò poiché avevamo iniziati i lavori senza il suo permesso. Ci disse, inoltre, che la commessa per i lavori nell’area Pip dovevamo cederla a chi diceva lui. Io e mio fratello tremavamo dalla paura. Polverino ci disse che se ci fossimo comportati beni ci avrebbe ridato i soldi delle spese sostenute. Riferimmo a Polverino che non era possibile, per legge, far entrare un’altra ditta nell’operazione”.
E ancora: “Pensateci bene, ci disse Polverino nel corso di quell’incontro: io sono dove vivete. Dopo quelle parole, Polverino se ne andò. Dopo una quindicina di giorni ci vennero a prelevare sempre tre persone, due delle quali erano le stesse della volta precedente. Ci recammo in un casolare in una zona di San Rocco e lì fu trovata una soluzione: avremmo dovuto cedere il 5 per cento dell’appalto, lavorare con il calcestruzzo dei Polverino, assumere un loro guardiano e versare a Polverino un milione di euro”.
I fatti si sarebbero svolti tra il 2008 e il 2011.” Pagammo una prima rata di 250 mila euro, poi altri soldi fino al Natale del 2011. Polverino fu poi arrestato e non pagammo più”. L’imprenditore, come già evidenziato dal fratello Raffaele nel corso di un’altra udienza, ha ribadito di non essere a conoscenza che Angelo Simeoli fosse legato ai Polverino e di aver pagato – in cambio della tranquillità politica sul territorio di Marano – sia l’ex sindaco Mauro Bertini (in tre tranche, per un totale di 250 mila euro) sia l’ex consigliere regionale Biagio Iacolare, entrambi molto influenti a Marano.
“Bertini si presentò nei nostri uffici e ci disse che dovevamo collaborare con lui. Ci disse che avremmo ricevuto l’appalto e che avrebbero dovuto poi subappaltare tutto alla ditta di don Angelo (Simeoli, ndr). Dopo alcuni giorni, venne da noi l’ingegnere Nico Santoro (defunto progettista Pip scelto proprio da Bertini, ndr) e ci chiese se l’operazione era stata conclusa. Gli dicemmo che avevamo bisogno di più tempo per preparare l’operazione da fare con Simeoli Angelo. Successivamente venne da noi anche Simeoli che mostrò soddisfazione per il fatto che avremmo potuto collaborare o operare insieme. Simeoli mi consigliò caldamente di dare soldi a Bertini (100 mila euro). Ci vedemmo dopo pochi giorni e notai che era preoccupato poiché era sottoposto alle pressioni di Bertini e Nico Santoro”.
La tangente all’ex sindaco. “Non volevamo versare 100 mila euro, ma al massimo 50 mila. Simeoli, però, insisteva per 100 mila e alla fine concordammo per 75 mila euro. Ciò che mi preoccupava di più era l’atteggiamento di Santoro, che aveva capito di quale pasta era fatto Bertini e quindi ci pressava affinché pagassimo. Pensammo di pagare mediante assegni e li demmo a Bertini. Era presente anche Simeoli. Bertini disse che non sapeva cosa farsene degli assegni e a quel punto Simeoli intervenne chiarendo che li avrebbe cambiati lui. Tale consegna avvenne verso febbraio-marzo del 2006”.
Incontri con Simeoli:
Successivamente ebbi altri incontri con Simeoli, sempre per la questione del subappalto per la commessa dell’area Pip. In uno di questi incontri, Simeoli chiese non solo il subappalto ma l’intero appalto. Ci offrì 7 milioni di euro”. Il pm di Mauro ha osservato che nel corso di un precedente interrogatorio, Cesaro aveva affermato che la cifra proposta era di euro 4 milioni. Cesaro ha riferito che il suo commercialista gli consigliò di ridurre l’entità finanziaria dell’operazione. “Inizialmente credevamo fossero 4 milioni, ma in realtà scoprimmo che la cessione del credito era di 3 milioni. “La trattativa non andò in porto perché Simeoli voleva pagare con le cambiali e ciò non ci rassicurava. Alla fine ci rendemmo conto che l’affare non si poteva fare. Parlammo della cessione dell’appalto in un incontro cui presenziarono, oltre a me e mio fratello, Bertini, l’ingegnere Oliviero Giannella e Nico Santoro. Il nostro commercialista preparò gli atti per la cessione, poi scoprimmo che Simeoli voleva pagare con le cambiali e tutto saltò”.
Cosa accadde dopo. “Simeoli ci chiese di far lavorare dei suoi conoscenti e amici: Sciccone (movimento terra) e Di Maro (defunto agronomo). Simeoli ci disse che aveva preso impegni con queste persone. Nel 2008 Simeoli sollecitò il pagamento di Bertini (che nel frattempo non era più sindaco, ndr) perché se non lo avessero fatto avrebbero potuto avere problemi, poichè Bertini non era una brava persona. Temevamo ritorsioni ambientali da parte di Bertini”. Il pm ha chiesto a Cesaro se riteneva Simeoli l’interfaccia della politica locale e l’imprenditore di Sant’Antimo ha risposto affermativamente. Ma ha anche aggiunto che non sapeva fosse legato ai Polverino.
Ancora tangenti. “A Bertini demmo 70 mila euro nel 2006, 50 mila nel 2008 e 50 mila nel 2009. A Iacolare, invece, in tutto 170 mila euro. Non denunciammo perché temevamo per la nostra vita: i Polverino non si facevano scrupoli con gli imprenditori”. Su domanda dell’avvocato Maiello, difensore dei Cesaro, Aniello ha chiarito che avrebbero accettato i 7 milioni di Simeoli Angelo poiché fino a quel momento avevano speso poco più di 500-600 mila euro. Sui soldi versati a Bertini, anche quando non era sindaco, Cesaro ha riferito che l’ex sindaco, anche attraverso gli organi di stampa, esercitava pressioni forti. “Santoro si lamentava con noi perché diceva che Bertini lo metteva in croce”.
I rapporti con l’ex funzionario comunale Cerotto:
“Avevamo buoni rapporti finché non si insediò a Marano. Quando iniziarono le indagini del Ros, l’architetto emanò una serie di ordinanze sulle irregolarità dei capannoni e sui permessi di costruzione. Ma quegli atti furono poi smentiti dai giudici amministrativi”.
E ancora, su domande formulate dall’avvocato Filippelli, legale di Bertini, Cesaro ha affermato che “l’amministrazione Perrotta era comunque contigua a quella di Bertini. Il Comune ci fece ostruzionismo su vari aspetti, soprattutto in relazione ai permessi a costruire. Siamo stati sempre ostacolati”. Permessi che furono poi sbloccati dall’ex capo dell’ufficio tecnico Gennaro Pitocchi.
Cesaro ha inoltre ricordato di aver conosciuto Bertini prima della firma della convenzione del Pip. Ha chiarito, su domanda dell’avvocato Auriemma, legale di Simeoli, di conoscere Angelo Simeoli dal 2004. “Dal fallimento della trattativa con Simeoli all’estorsione subita da Polverino trascorse qualche mese. Nessuno si presentò per dirci di accettare la proposta di Simeoli e dello stesso non si è fatto menzione durante l’incontro con il boss Polverino”.
Il raid al cantiere. “Quando decidemmo di non pagare più i Polverino subimmo ritorsioni: minacciarono un nostro geometra con un mitra, ma il professionista non volle denunciare perché aveva paura di rendere testimonianza. Mio fratello Raffaele fu destinatario di richieste estorsive da parte di Giuseppe Simioli (oggi collaboratore di giustizia, ndr). La sorella di Polverino fu aggiudicataria di un capannone”.
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