Salvatore Mancuso, gli Stati Uniti bloccano l’estradizione in Italia

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La Colombia ce l’ha fatta. Voleva riprendersi a tutti i costi Salvatore Mancuso, paramilitare, trafficante e signore della guerra (figlio di un italiano) che per vent’anni seminò il terrore con le sue Autodefensas Unidas de Colombia, sterminando interi villaggi, muovendo tonnellate di cocaina, torturando civili e guerriglieri filo-marxisti, spesso in combutta con i militari di Bogotá. E pare esserci riuscita quando la battaglia per riaverlo sembrava persa: El Mono, «la scimmia», era riuscito a ottenere l’estradizione in Italia dagli Usa, dove ha appena finito di scontare 12 anni di carcere per narcotraffico.

L’ex capo della guerriglia di destra «pacificata» nel 2004, nato a Montería 56 anni fa, padre emigrato da Sapri (Salerno) e madre colombiana, una vita in mimetica tra le coltivazioni di coca con cui finanziava la sua guerra ai rivoluzionari, aveva promesso che davanti ai pm di Catanzaro e Reggio Calabria avrebbe parlato dei suoi legami con la ’ndrangheta, con cui fece grossi affari tra gli anni Novanta e i Duemila: il suo nome era comparso in diverse inchieste su enormi traffici di cocaina dal Sudamerica all’Europa (le operazioni «Decollo» e «Galloway Tiburon»).

Agli Usa non conveniva creare un incidente diplomatico col suo alleato più stretto in Sudamerica, il Paese che ospita la seconda sede al mondo della Dea, l’agenzia federale antidroga americana. E l’Italia in ogni caso non avrebbe potuto opporsi: da Roma non era mai partita alcuna richiesta di estradizione di Mancuso, dato che al momento non c’è un’ordinanza di custodia cautelare per lui.

Il legale dell’ex paramilitare italo-colombiano ha ancora una carta da giocare, nei prossimi 14 giorni: chiedere l’applicazione della legge Usa contro la tortura e i trattamenti crudeli, sostenendo che il suo cliente in Colombia sarebbe in pericolo di vita e che per questo debba restare in America.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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