Il Vomero è ormai terra di riciclaggio: affitti raddoppiati e false società, così i clan ripuliscono i soldi

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Il caro-fitti, ma non solo. A voler decifrare la crisi commerciale che attanaglia i quartieri collinari del Vomero e dell’Arenella, a volerne cercare cause e chiavi di lettura capaci di spiegare ciò che sta accadendo, individuando le ragioni che hanno portato ad una desertificazione incarnata dalla chiusura anche di insegne storiche e secolari, il discorso si fa complesso. In poco meno di due settimane nei due municipi della zona collinare hanno abbassato per sempre le saracinesche altri 13 locali: tra questi anche i punti vendita di Wind e Tim. Una Caporetto. Ma a stravolgere le sane regole della concorrenza c’è anche l’ombra nera della criminalità organizzata. Iniziamo proprio dalla zona collinare un viaggio nei quartieri della città sui quali i clan allungato (o stanno allungando) le mani.

Estorsioni e appalti. Queste le principali attività che la camorra porta avanti al Vomero e all’Arenella. In quest’ottica le dichiarazioni rilasciate lo scorso giugno da Filippo Beatrice, procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Napoli, in un’intervista rilasciata nei mesi scorsi, fotografano appieno l’attuale situazione.

Ci sono delle evoluzioni criminali al Vomero su cui puntiamo l’attenzione. Anche se non ci sono omicidi non è detto che ci sia pace. C’è il tentativo di un controllo da parte dei clan dell’area della zona ospedaliera. Lì dove sembra che non succeda nulla di grave, stanno accadendo cose che meritano l’attenzione dell’antimafia“.

Secondo l’ultima relazione della DIA, a comandare da anni al Vomero e all’Arenella è un unico clan, quello che fa capo al boss Luigi Cimmino, 56 anni, arrestato il 5 marzo del 2016 a Chioggia, in Veneto, dopo una breve latitanza. Dopo il suo arresto, il passaggio della leadership sarebbe passato “agli anziani del clan” che continuano a chiedere il pizzo “per aiutare gli amici del Vomero“.

Emblematico in quest’ottica il discorso fatto al titolare di un parcheggio privatodell’Arenella da Gennaro Formigli, 71enne elemento di spicco del clan, arrestato lo scorso 25 ottobre dai carabinieri. “Sono Gennaro, tanto ti basta sapere… in passato non hai mai aiutato gli amici del vomero… io mi sono fatto 27 anni di carcere…ora è arrivato il momento di aiutare gli amici di cella: dovete fare un regalo ai compagni. Noi teniamo un sacco di problemi e li dobbiamo mantenere ai compagni di cella… cercate di capire…”.

Il clan Cimmino è nato dalla scissione con i Caiazzo, entrambi i clan un tempo alleati sotto l’egemonia del boss Giovanni Alfano. Scissione che provocò la morte di una donna innocente, Silvia Ruotolo, uccisa il 17 giugno 1997 a salita Arenella. Quel giorno l’obiettivo dei killer era proprio Luigi Cimmino.

Cimmino che dopo la scissione dai Caiazzo, ricoprì un ruolo chiave nei rapporti con i principali clan di Napoli facenti parte dell’Alleanza di Secondigliano(Contini, Mallardo, Licciardi) oltre ai Polverino di Marano e ai Lo Russo di Miano. Il boss aveva un obbligo di dimora in provincia di Frosinone ma grazie ai falsi certificati di un medico napoletano riusciva a tornare in città con il pretesto di doversi sottoporre a visite mediche portando così avanti gli affari illeciti. Dopo essere stato scarcerato nel 2011, Cimmino ha ricostruito il suo gruppo e riavviato le estorsioni nelle zone collinari di Napoli con l’innesto di affiliati storici e nuove leve. Oltre alle estorsioni sono diverse le attività (bar, pub, società, immobili) intestati a prestanomi riconducibili al clan. Lo testimonia un sequestro beni da 800mila euro nei confronti di Raffale Petrone, 73 anni, avvenuto lo scorso luglio.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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