I consigli del commercialista. DECRETO CRESCITA. Le multe «dimenticate»: 7 miliardi di arretrati

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Mentre il decreto crescita con la sanatoria numero 12 targata M5S-Lega
completa il mosaico delle «definizioni agevolate» ed estende ai quasi 5mila
Comuni fuori da Equitalia la possibilità di chiudere gli arretrati locali senza
pagare interessi e sanzioni, emergono i dati delle multe che gli italiani «si
dimenticano» di pagare. Si tratta di 7 miliardi di euro, 110 euro ad abitante,
bambini e anziani compresi. Ma come tutte le medie, il dato nasconde situazioni
molto diverse fra loro. E basta spacchettare i numeri sul territorio per vedere il
protagonismo assoluto di Roma. Nei conti della Capitale, alla casella «arretrati»
nella voce «proventi dall’attività di controllo e repressione delle irregolarità» c’è
scritta la cifra-monstre di due miliardi di euro: 680 euro per ogni residente. Sei
volte tanto la media italiana.

La nuova sanatoria non farà pulizia di questa eredità di entrate mancate che si
alimenta di anno in anno. Per capirlo basta fare due calcoli. La prima
rottamazione delle cartelle, avviata dal governo Renzi con un meccanismo
riprodotto in modo fedele da Gentiloni nel 2017 e ora dall’Esecutivo Conte, ha
portato agli sportelli di Equitalia cittadini “pentiti” che hanno versato 480
milioni di euro fra Imu, Tasi, altri tributi locali e, appunto, multe. Allargando
l’orizzonte ai Comuni che affidano le entrate a società in house o concessionari
privati, il conto sale intorno ai 700 milioni. Anche perché con Equitalia la
«rottamazione» è automatica, nel senso che scatta insieme alla regola
nazionale; negli altri enti sono i consigli comunali a decidere se aprire ai propri
cittadini le porte della sanatoria. E spesso non lo fanno. Anche perché gli
arretrati, «residui attivi» nel linguaggio della contabilità, possono fare comodo
per tenere in piedi i bilanci anche se la cassa langue.
La nuova rottamazione, che riguarda i mancati pagamenti 2000-2017, entrerà in
vigore insieme al decreto crescita atteso martedì per l’esame definitivo al
consiglio dei ministri. I Comuni avranno 60 giorni di tempo per decidere se
aderire o meno. E in quasi 5mila Comuni la valutazione terrà conto delle
ricadute di consenso per la campagna elettorale delle amministrative di fine
maggio. Dopo la delibera, entro 30 giorni dovranno pubblicare sul proprio sito
tempi e modi per presentare la richiesta e pagare le rate. In ogni caso, il
calendario sarà più stretto di quello nazionale: per le cartelle di Equitalia i
pagamenti termineranno nel 2023, mentre nel caso dei Comuni che non si
affidano all’agente nazionale della riscossione le partite andranno chiuse entro il
mese di settembre 2021.

La capacità di riscossione delle città indica che la questione degli arretrati
interessa soprattutto a Sud. A Catania nel 2017 è stato incassato il 5,5% delle
multe, a Vibo Valentia non si va oltre il 6,1%, a Palermo ci si ferma al 16%, a
Napoli al 18,6% e a Roma al 23,8%. Una quota di mancate riscossioni nell’anno è
fisiologica, perché le multe che arrivano negli ultimi mesi possono essere pagate
senza carichi aggiuntivi all’inizio dell’anno dopo. Ma anche le percentuali di
incassi nei grandi centri del Nord, da Torino (34,7%) a Milano (45,5%) mostrano
che c’è un problema. Alla prima rottamazione, al Nord aveva aderito il 40% dei
capoluoghi, mentre al Sud i «sì» erano arrivati al 70 per cento. È probabile che la
nuova sanatoria riprodurrà una geografia simile. Ma è certo che in ogni caso
anche la rottamazione-ter si lascerà dietro una montagna di pagamenti che
continueranno a mancare all’appello.

Michele Napolano, dottore commercialista

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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