Nel seguente articolo tratteremo un tema piuttosto delicato , che riguarda la quasi totalità delle strutture sportive presenti sul territorio, ovvero quello del sottile confine che esiste tra un’attività sportiva dilettantistica esercitata senza scopo di lucro e quella di un’attività sportiva gestita in modo commerciale , alla luce della recentissima ordinanza della Corte di Cassazione n. 10393 che ha messo in evidenza quelli che sono i requisiti necessari per rientrare nei canoni dell’attività senza scopo di lucro e fruire delle agevolazioni fiscali conseguenti a tale status.
All’associazione sportiva dilettantistica per beneficiare delle esenzioni di imposta non basta provare la regolare iscrizione al Coni, ma deve dimostrare lo svolgimento effettivo dell’attività associativa, del coinvolgimento dei soci e l’assenza di fine di lucro.
A fornire queste indicazioni è la Corte di cassazione con l’ordinanza 10393
L’agenzia delle Entrate può attraverso verifiche anche della Guardia di finanza notificare avvisi di accertamento ad associazioni sportive dilettantistiche(sulla carta).
Con l’atto impositivo può disconosciere la natura di associazione equiparando l’ente a una società commerciale e recuperando le relative imposte in misura ordinaria. Il provvedimento può ,naturalmente essere impugnato e, nella maggior parte dei casi può essere dichiarato illegittimo, nel presupposto che l’ente potrebbe essere regolarmente iscritto al Coni.
La Suprema Corte ha ,però, ricordato in una recentissima sentenza, che le agevolazioni per le associazioni sportive dilettantistiche sono conseguenti non solo alla veste giuridica dell’ente ma anche e soprattutto all’effettivo svolgimento di attività non lucrativa.
La sentenza in esame riguarda il caso di una palestra con piscina . Nella specie, l’Agenzia aveva elencato alcune circostanze dalle quali emergeva la gestione commerciale della suddetta palestra, a prescindere dall’esistenza di un’associazione dilettantistica.
In particolare:
- a) i verbali di assemblea dei soci e del consiglio direttivo erano identici nel corso degli anni;
- b) mancavano le delibere sull’ammissione di nuovi soci, l’accettazione della domanda da parte del Presidente del consiglio direttivo; i regolamenti interni relativi all’attività sportiva; la promozione dell’attività sportiva approvata dall’assemblea;
- c) i verbali erano sempre firmati dagli stessi due soci, senza alcun dato su eventuali altri presenti;
- d) le assemblee erano inadeguatamente convocate;
- e) mancava un locale idoneo a ospitare tutti gli associati;
- f) non in tutte le comunicazioni era stato utilizzato l’acronimo «Asd», bensì «Club»;
- g) non era stato istituito un libro dei soci e uno cassa in formato cartaceo;
- h) non venivano organizzate manifestazioni sportive;
- i) alcuni soci si erano definiti “clienti” e privi di diritti e doveri connessi all’associazione;
- j) per le promozioni, erano applicate tariffe pubblicitarie differenziate;
- k) c’era un legame costante per l’esercizio dell’attività sportiva con una srl riconducibile a soggetti operativi nell’associazione.
La presenza di tali circostanze è indicativa di una gestione non associativa dell’attività sportiva è lampante come dietro una formale associazione sportiva dilettantistica si celasse una vera e propria attività commerciale.
I giudici di legittimità hanno così rilevato che per beneficiare delle agevolazioni, la contribuente deve dimostrare l’attività non lucrativa effettivamente svolta, non essendo sufficiente la mera affiliazione al Coni.
Dottor Michele Napolano
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