Quando Alfano si vantava di scippare parlamentari a Forza Italia

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Il pluriministro di plurigoverni, nonchè creatore di Ncd e poi Ap crocevia di mille cambi di casacche, è provato dal malcostume trasformistico ma deciso a resistere: «Non ci faremo impressionare da chi ci ha abbandonato per tornare col cappello in mano da Berlusconi. Ci attendono mesi faticosi, ci sarà ancora più violenza nei nostri confronti, potremo avere qualche altra defezione e immagino anche chi potrà prendere altre direzioni. Ma di questo mi interessa poco. Non ci piegheremo, non ci faremo sottomettere, non ci faremo annettere» tuona l’ex segretario del Pdl, che da scissionista ora sta vivendo l’esperienza opposta, di certo meno esaltante.

In effetti era ben diverso l’umore e lo slancio delle dichiarazioni di Angelino Alfano quando era lui a portare via i deputati al partito di Berlusconi, e non viceversa. «Abbiamo 30 senatori e 27 deputati» annunciò trionfante in quel novembre 2013 – il mese più nero per il Cavaliere, quello della cacciata dal Senato – l’allora vicepremier, durante la conferenza stampa (in cui irruppe Lucci delle Iene, profetico: «Angelì, ma sei sicuro di quello che stai a fà?», «Nessuna paura, siamo convinti del progetto» vaticinò Alfano). E in un’intervista, sempre nei giorni gloriosi dell’affrancamento del figlioccio dal padre politico, Alfano non tratteneva l’entusiasmo per le «tantissime adesioni» che vedeva affluire verso il suo nuovo partito, figlio della rottura con Berlusconi in quel momento più debole che mai. Tanto da guadagnarsi il rispetto di Gianfranco Fini, suo predecessore in un’operazione parlamentare simile (la nascita di Futuro e Libertà col distacco di decine di parlamentari del Pdl) che gli tributò un riconoscimento: «Alfano ha dimostrato di avere il quid».

Il pallottoliere era sempre all’opera, e alla prima manifestazione pubblica del Nuovo Centrodestra fu proprio il ministro a dare conto della migrazione di massa dal Pdl al suo partitino alleato del Pd al governo: «Oggi abbiamo toccato quota mille amministratori locali che hanno già aderito al movimento da Nord a Sud, da Est a Ovest del paese, e che si uniscono ai 90 consiglieri regionali, ai 60 parlamentari e ai 7 europarlamentari. Oggi qui siamo 10.000, e salutiamo le cassandre. Coloro che non pensavano che non saremmo arrivati a questo. Li salutiamo senza rancore» sfotteva Alfano. Un veterano della politica come Roberto Formigoni, un altro degli ex big berlusconiani fuoriusciti con Alfano, si era guadagnato la delega sui cambi di casacca a livello regionale, per palese competenza: «Stiamo ultimando il censimento dei consiglieri regionali che aderiscono a Nuovo Centrodestra. Alcuni non si sono ancora dichiarati, quindi non abbiamo un quadro definitivo, ma calcoliamo di essere più del 40% del Pdl, con una presenza in tutte le Regioni, tranne la Sardegna» calcolava l’ex governatore lombardo, fiducioso in un futuro brillante per Ncd, «un nuovo movimento politico destinato a un ruolo da protagonista nella vita del nostro Paese».

Abbandonare il Pdl, con cui pure erano stati eletti, per saltare sul traghetto di Alfano che pareva un approdo sicuro visti i rapporti col Pd, non era disdicevole ma, al contrario, quasi un dovere. «Ho scelto di proseguire il mio impegno politico nel Nuovo centrodestra sulla base di una elementare convinzione circa il bene del nostro Belpaese» si immolò l’ex berlusconiano Maurizio Sacconi. L’ex capogruppo Fabrizio Cicchitto, uscito dal partito divenuto a suo dire «nordcoreano» ed «estremistico», faceva del proselitismo ad personam, con Raffaele Fitto, per ingrossare le fila del partito dei transfughi Pdl: «Siamo noi pronti ad accoglierlo (Fitto, ndr) perché conosciamo bene la storia politica sua e della sua famiglia che non è certo estremista ma moderata». Inevitabile mollare il partito di Berlusconi «distrutto dal virus dei falchi», spiegava Maurizio Lupi, indifferente all’accusa di tradimento, perchè «traditore è chi non stima la propria storia e i propri elettori, che ci chiedono di non far cadere il governo (Letta, ndr)». Una prospettiva che attirava l’adesione dei peones,che invece ora fuggono dalla zattera di Alfano. Mentre noi, assicura il leader Ap alla sua Summer School, «non abbiamo mai cambiato ideali».

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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