Portici. Slot machine e videopoker, estorsioni: i particolari al processo

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Se facciamo due conti delle tangenti che il clan Vollaro chiedeva ai due cugini, A.V. e N.F. (l’identità la manterremo segreta) – gestori di una nota sala giochi di Portici ormai chiusa – e delle altre somme di denaro cui servivano a sovvenzionare le spese legali per tutti gli affiliati, più gli investimenti compiuti per iniziare l’attività c’è una perdita di circa 150mila euro. Una brutta storia andata avanti per 53 settimane. Addirittura una volta ci fu la richiesta della somma di 3.500 euro. A riferire questi dettagli, ieri in udienza, è uno dei due soci ascoltato come teste. Il pm pone alcune domande. L’esercizio commerciale, aperto nel 2010, ma per la pressante attività criminale della camorra rimase in vita soltanto un anno: nel 2011 chiuse. La beffa ulteriore è stata quando il boss Raffaele Vollaro, alla notizia della cessione dell’attività, interferiva nelle trattative per trarre vantaggi. In un primo momento offrì 25mila euro per l’acquisto ma i due ragazzi dissero che la somma era misera. Mentre nei confronti dei possibili acquirenti, Vollaro, imponeva di inserire le proprie piattaforme informatiche per il gioco del poker online e le slot machine taroccate. Ma andiamo con ordine e per step.

A settembre 2010 ci fu l’inaugurazione e, appena un mese dopo, un affiliato del gruppo criminale, Antonio Acunzo,  per conto dei Vollaro impose dei master informatici per il controllo dei movimenti economici: «morriscasino.it, vivaelite.com,  texasclub.com». Una cassa virtuale centrale e di controllo che si trovava in viale Medina a Portici il cui proprietario dei locali aveva anche una salumeria sempre nella stessa strada. Si verificavano le giocate giornaliere e settimanali. Il 45% dei profitti era dei due giovani mentre il restante 55% alla famiglia malavitosa dei Vollaro. Ogni martedì un affiliato del clan doveva riscuotere il pizzo: 1500 euro. In un determinato periodo ci fu una forte tensione con il gruppo scissionista capeggiato da Ciro Morcavallo. Perché anche egli voleva inserire nella sala giochi dei sistemi informatici truccati e delle slot machine. Ma Vollaro non fece mancare la sua risposta: «Statt fermo che chest ‘e robba mia».

Era evidente che il clan voleva detenere il monopolio. Quindi nessuno poteva ficcare il naso. Gli arresti di Raffale Vollaro, Luigi e Massimo Panzariello, Giovanni Chivasso, Antonio Acunzo, Vincenzo Sorrentino e Pasquale Ciappa sono avvenuti a febbraio 2016, da parte della squadra mobile di Napoli e il commissariato di polizia di Portici. Tutti ritenuti responsabili di associazione camorristica e di estorsioni aggravate. La cosca era dedita alle estorsioni ai danni degli imprenditori che noleggiavano slot machine e videopoker nei bar e nei locali pubblici.  Attualmente l’unico imputato per il procedimento in corso – quarta sezione collegio A del tribunale di Napoli, presidente Loredana Acierno – è Chivasso che ha scelto il rito ordinario perché ha sempre dichiarato la sua estraneità al clan Vollaro. Per gli altri, invece, il rito abbreviato (processo in corso). La prossima udienza sarà svolta il 26 aprile alle ore 9,30 nell’aula 219 con gli esami dei collaboratori di giustizia: Vincenzo Vaccaro, Gennaro e Mario Marcavallo. A.V. e N.F., ex gestori della sala attrazioni, sono assistiti dall’avvocatessa (parte civile) Assunta Striano.

 

 

© Copyright Mario Conforto, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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