Corruzione, ecco chi è lady Pascale, la rappresentante elettromedicale

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Intraprendente e avvenente, determinata e ambiziosa, decisa a farcela a tutti i costi. La descrivono così Giulia Di Capua, classe 1971, laurea in Economia e commercio alla Federico secondo, due figli ancora bambini e una buona esperienza maturata nella vendita di apparecchiature elettromedicali. All’inizio solo ed esclusivamente in ambito ortopedico, un po’ alla volta quasi in tutti i settori della sanità fino a quello della chirurgia generale nell’ospedale Pascale che, agli inizi del 2000, la rappresentante elettromedicale comincia a frequentare con sempre maggiore assiduità.

Qui, nel reparto di oncologia chirurgica addominale dell’istituto di via Semmola, l’incontro con il primario Francesco Izzo, la voglia di fare sempre di più, la decisione di mettersi in proprio e la svolta decisiva grazie all’aggiudicazione di una serie di costose forniture cosiddette «infungibili» per l’istituto dei tumori napoletano. In pochi anni, dunque, tutto cambia e la vita della informatrice scientifica sterza decisamente verso l’alto. Da giovane rappresentante della Biomet, azienda leader nel mercato ortopedico, specializzata nella produzione di impianti in grado di sostituire l’articolazione dell’anca, del ginocchio e della spalla, Giulia Di Capua diventa improvvisamente leader di se stessa, manager rampante e aggressiva, pronta a dar battaglia pur di portare avanti la Gimed e Gdc medicali che – come scrive la Guardia di Finanza – benché amministrate formalmente da altri erano di fatto riconducibili a lei. Intelligente e scaltra, agguerrita e sicura di sè, la Di Capua – racconta chi la conosce – non passava certo inosservata.

Bionda, occhi azzurri, atteggiamento sempre affabile e cordiale, i medici del Pascale la ricordano bene quando, a bordo della sua motocicletta, arrivava in istituto per incontrare medici e dirigenti con i quali cercava di stringere affari. «Non si può dire che non fosse una lavoratrice – racconta un suo collega che si unisce al coro di quelli che però lo sapevano tutti – me la ricordo sempre in prima linea, questo bisogna riconoscerglielo: onnipresente, partecipava a tutti i convegni, parlava con chiunque, insomma era una che ci sapeva fare». E la conferma che la signora Izzo fosse «una che ci sapeva fare» come dice il suo collega, arriva dalle intercettazioni telefoniche e ambientali contenute nell’ordinanza.

Il Mattino

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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