Non ci sono dimostrazioni certe dell’esistenza di un «legame pericoloso» tra telefoni cellulari e tumore al cervello. E’ questa la conclusione a cui giunge un vasto studio australiano che ha analizzato i dati di oltre 34mila persone alle quali, tra il 1982 e il 2012, è stata diagnosticata una neoplasia cerebrale.I telefonini erano già stati «assolti per mancanza di prove» nel 2010 da un’ampia indagine condotta dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (lo Iarc di Lione) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che un anno dopo aveva però fatto un parziale dietrofront, quando un gruppo di 34 esperti al termine di una revisione degli studi sul tema aveva definito i campi elettromagnetici come «possibilmente carcinogeni», concludendo che la radiofrequenze dei telefonini e di altri apparati di comunicazioni wireless «potrebbero causare il cancro negli essere umani».
Lo studio australiano: in 30 anni nessun aumento dei casi di cancro
In questo nuovo studio appena pubblicato sulla rivista Cancer Epidemiology gli scienziati australiani sono andati a verificare se, con l’introduzione dei cellulari iniziata nel Paese nel 1987 (oggi utilizzati da oltre il 94 per cento dei cittadini), fosse cresciuto il numero di persone che si sono ammalate di cancro al cervello. «Basandoci sui dati riportati nei registri nazionali relativi alle diagnosi oncologiche effettuate tra il 1982 e il 2013, abbiamo verificato che in questo arco temporale si sono ammalati di una neoplasia del sistema nervoso oltre 14mila donne e quasi 20mila uomini australiani – scrivono gli autori della ricerca -. Non abbiamo verificato quanto i pazienti abbiano utilizzato il cellulare, ma dai numeri emerge che non c’è stato un incremento dei casi tumori cerebrali, con la sola eccezione della fascia d’età tra i 70 e gli 84 anni. In questo gruppo di pazienti, però, si può ipotizzare che l’aumento sia dovuto a un miglioramento della diagnosi (grazie all’introduzione di nuove tecnologie più efficaci) più che all’uso dei telefonini».