Camorra, la resa dei boss Cuccaro e Aprea. Chiedono clemenza alla Corte

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“Ammetto gli addebiti, sono colpevole del reato che mi viene contestato e chiedo clemenza alla Corte». Uno dopo l’altro Pasquale e Ciro Aprea, Luigi Cuccaro e Andrea Andolfi chiedono la parola e in aula confessano le accuse che li vedono imputati, a vario titolo, per due omicidi che alla fine degli anni Novanta segnarono un pezzo di storia della camorra della periferia orientale di Napoli. Ponticelli, Barra e il confine con l’area vesuviana. Aprea, Cuccaro, Andolfi da quelle parti sono nomi che pesano, che in un modo o nell’altro stanno a significare camorra. Ieri gli esponenti di queste famiglie hanno adottato in aula una strategia precisa, quella dell’ammissione per sperare in una riduzione della condanna. Hanno ammesso e rinunciato ai motivi di appello.

Il processo si svolge davanti ai giudici della terza sezione della Corte d’assise d’appello. Al centro delle accuse ci sono l’omicidio di Ciro Porro, un incensurato padre di quattro figli assassinato, da un clan per fare un favore a un altro clan della zona, nell’estate del 1996 per aver confidato a un conoscente, durante il funerale di un boss di essere contento perché era morto un delinquente, e l’omicidio di Ciro Veneruso, ucciso nello stesso periodo in un agguato di chiara matrice camorristica.

Il Mattino

© Copyright Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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