Napoli nord ormai nelle mani della camorra. Tutti si indignano, ma nessuno indaga sui motivi. Forze dell’ordine, Procura e Prefettura non sono sempre all’altezza del compito

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Escalation criminale in tutta la provincia di Napoli. Napoli nord, in primis, ormai saldamente nelle mani delle organizzazioni malavitose, quelle in guerra tra loro, quelle che sparano e quelle più silenziose e dedite agli affari. Ad Arzano, Frattamaggiore, Frattaminore, Casavatore, Caivano e in tante altre realtà è ormai un bollettino di guerra. Tutti ne parlano, tutti si indignano, qualcuno manifesta ma le cose non cambiano.

Perché? Per tantissime ragioni. Uno attiene all’urbanistica di quei territori, alla realizzazione (anni e anni fa) di quartieri popolari e dormitori dove si sono concentrare le famiglie di camorra o dove, per anni, lo Stato è stato sempre assente.

Altri motivi più squisitamente “tecnici” riguardano la qualità delle indagini messe in campo. Le stazioni e le tenenze locali dei carabinieri sono oberate da una miriade di piccoli e medi casi: i carabinieri, tanti, passano ore e ore delle loro giornate a raccogliere o smistare denunce. I nuclei operativi funzionicchiano in molte realtà. In alcuni territori, accanto alle caserme, servirebbero anche presidi della polizia di Stato. Ma spesso tutto è demandato ai soli militari dell’Arma. Nei territori, a capo delle piccole caserme o Compagnie, ci sono  marescialli che restano in un posto per 25-30 anni e ufficiali che, dopo due anni e mezzo o tre, sono costretti a lasciare per andare altrove.

Il risultato? L’ufficiale non ha nemmeno il tempo di capire il territorio e quando inizia a capire deve fare le valigie; il maresciallo, dopo 15-20 anni di servizio in un solo posto, ha sì un bagaglio di esperienza, ma spesso perde la verve iniziale, l’entusiasmo e in alcuni casi si “abitua” ai costumi locali.

Altro dato: la Procura Napoli nord non è sembrata, almeno nel recente passato, molto reattiva su certe tematiche e ci riferiamo a quelle non strettamente di carattere camorristico ma comunque sintomatiche di un andazzo. E’ una Procura che ha in carico un territorio troppo vasto e ad altissima densità mafiosa. Le risorse a disposizione, in termini di uomini e magistrati di esperienza, non sono sufficienti. Quanto alla Dda, Direzione distrettuale antimafia, anche in quel caso è palese l’esiguità delle risorse in campo rispetto alla vastità del fenomeno mafioso.

Sul fronte politico-istituzionale, la prefettura e il Viminale hanno rallentato e non poco (negli ultimi mesi) per quel che concerne l’emissione delle interdittive antimafia, la cui legge è stata anche modificata e in peggio: dalle 200 interdittive in un anno e mezzo dell’ex prefetto Valentini si è passati alle 0 interdittive (in sei mesi) della gestione Palomba.

Capitolo scioglimenti dei comuni per condizionamenti mafiosi. A cosa serve sciogliere un Comune, se poi in quei Comuni vengono dirottati prefetti in pensione, che non hanno il potere di poter sostituire dirigente e funzionari in odor di malavita? Prefetti in molti casi demotivati, stanchi e “appannolati”.

Molto altro si potrebbe scrivere sugli inesistenti sistemi di videosorveglianza in tanti territori e sull’acquiescenza della società civile.

 

 

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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