L’aereo da Cracovia atterra all’aeroporto Falcone Borsellino pochi minuti dopo le 17. Elena Pastux torna a casa con la figlia di 8 anni, Elisabetta, che vive con lei a Palermo, e la maggiore Litiia, che era rimasta a Kiev. “Il mio cuore di mamma mi diceva che dovevo andare a prendere la mia figlia maggiore“ dice commossa incontrando i giornalisti nell’area arrivi dello scalo siciliano. “Con la mia bambina piccola ero arrivata in Ucraina il 23 febbraio e il giorno dopo sono cominciati i bombardamenti. Non abbiamo dormito per due notti, sperando di sopravvivere. Poi abbiamo riempito uno zaino, lasciando tutto il resto, e ci siamo messe in viaggio“.
I volontari e i profughi
Ma i primi angeli Elena e le sue due figlie li hanno incontrati sul campo. “In Ucraina un cittadino tedesco che era andato a prendere la moglie ci ha offerto un passaggio sulla sua auto, e cosi siamo partiti, abbiamo viaggiato 21 ore senza mai fermarci. Poi al confine con la Polonia alcuni poliziotti ci hanno accompagnato in un ospedale dove abbiamo passato altri due giorni. Ma dovevamo far presto perché Elisabetta stava male, aveva la febbre. Avevamo finito il cibo, la sua patologia non le permette di mangiare qualsiasi cibo. Anche oggi è digiuna da stamattina, ma finalmente siamo a casa, al sicuro”.
L’orrore della guerra
Il pensiero di Elena va a chi non ha avuto la stessa fortuna. “Le bombe russe stanno uccidendo tanti bambini “ – dice, tra le lacrime, prima di congedarsi da noi e riportare le sue figlie a casa. “ Nei rifugi, nella metro, ci sono tante mamme con bambini, anche disabili come la mia Elisabetta, non hanno medicine, rischiano di morire, è terribile. L’Europa deve aiutarci”.
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