Arzano, niente bonifica: il cimitero dei rifiuti tombati resta ancora al proprio posto

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Niente bonifica, il cimitero dei rifiuti tombati resta ancora al proprio posto. Arzano capitale della “monnezza connection”. Un triste primato e un tunnel, quello in cui avrebbe dovuto circolare la metropolitana per collegare la città di Arzano alla vicina Piscinola, divenuto un sito di stoccaggio illecito. Migliaia di tonnellate di rifiuti speciali di ogni genere sepolti, accatastati per qualche chilometro sono ancora lì. Nonostante le indagini della Polizia locale avviate ad ottobre del 2019 e il sequestro del sito. La discesa di accesso alla stessa risulta ancora disseminata di pneumatici, inerti, frigo, amianto, neon, batterie, pezzi di vetture e motocicli. Una polveriera che se incendiata, potrebbe far crollare l’intera volta della galleria e solo Dio sa quali danni potrebbe provocare alle migliaia di veicoli in transito e alla sopraelevata che poggia i suoi piloni proprio sulla galleria sotterranea. Senza contare l’inquinamento del sottosuolo e delle eventuali falde acquifere.

A scoprirla, dopo l’inchiesta del quotidiano “Roma”, la Polizia locale di Arzano coordinata dal comandante Luigi Maiello. Il sito in questione, secondo quanto accertato dagli inquirenti, sarebbe stato il crocevia di quasi tutti i comuni viciniori visto che l’ingresso ben si collega attraverso le rampe dell’Asse mediano alla rotonda. Ma quello che subito era saltato agli occhi dei primi a giungere sul posto era stata la mole di rifiuti presenti sulla discesa di accesso lunga alcune centinaia di metri,  e  la meticolosità con la quale i criminali hanno stoccato i rifiuti in modo da renderli “invisibili” a sguardi indiscreti. Giù alla discesa – in uno slargo anche questo inondato da montagne di rifiuti industriali e non – si staglia la grande volta della galleria nata circa una ventina di anni fa per collegare, attraverso la metro, i comuni a nord di Napoli ( compreso Arzano) alla vicina Piscinola. Alta alcune decine di metri, nasconde al suo interno, nella sua pancia, ancora tonnellate di rifiuti tra cui mobili, inerti, fustelle, vernici, diluenti, pneumatici, guaine bituminose, amianto e rifiuti industriali di ogni tipo e provenienza. Una distesa di rifiuti a perdita d’occhio tanto che per misurane l’estensione e relazionare al magistrato di turno, la Polizia locale aveva dovuto far intervenire gli speleologi della Croce Rossa Italiana del Comitato di Napoli Nord.

I lavori della gallerie erano stati sospesi dopo il crollo della parte finale della stessa a causa di una fuga di gas che decretò la morte di 11 persone compresa quella dei cinque operai. Al posto del cosiddetto quadrivio si creò un buco largo 40 metri. Una mega opera finanziata con i fondi del post terremoto. Il progetto era stato affidato a un consorzio di imprese che aveva avuto l’appalto da una concessionaria, la Cogeri di Milano, ente appaltante grazie alla concessione del Comitato interministeriale per la Programmazione economica (Cipe) regionale. Le proteste dei cittadini erano cominciate già nel 1993, con la costruzione della galleria ad Arzano. Dopo pochi mesi era crollato un distributore di benzina. Gli scavi non si erano interrotti neanche quando i pavimenti di una palazzina del Rione Fiori cominciarono a sbriciolarsi. Poi fu la volta della chiesa di via Limitone di Arzano, ma gli scavi non si fermarono neppure allora. Nell’esplosione morirono cinque operai della ditta Scarl Arzano. Da allora l’area è rimasta abbandonata a se stessa.

G.B.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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