“Non chiudete il centro di Soccavo per anoressia e bulimia”. Il grido di aiuto di Erika

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Riportiamo la lettera di Erika, una ragazza di 24 anni che soffre di anoressia. Quello della ragazza è un grido d’aiuto, affiche il centro dei disturbi alimentari appartenente all’ Asl Napoli 1 di Soccavo, unico sul territorio, non venga chiuso.
“Sono Erika, una ragazza di 24 anni della provincia di Napoli e scrivo questa lettera con la speranza che possa leggerla e possa aiutarci in una lotta in cui abbiamo POCHISSIMO tempo per vincerla.
Si tratta della chiusura imminente stabilita per il 1 dicembre 2020, del centro dei disturbi alimentari appartenente all’ asl Napoli 1 di Soccavo, unico sul territorio.- “Scrivo queste parole con la disperazione e con il cuore in mano chiedendo solo di essere ascoltata e di ascoltare il mio grido d’aiuto che in realtà è solo una delle tante, tantissime voci di dolore che in questi giorni appartengono a tutti i pazienti e i genitori e famigliari di questo centro.

Per anni sono stata alla ricerca di una soluzione ai miei problemi, per anni mi sono imbattuta alla ricerca di un medico che potesse aiutarmi. Ma non esisteva o meglio nessuno era stato in grado di capirne niente.
Mi sono rivolta a diverse strutture con la speranza di trovare una salvezza, ma nulla è stato in grado di essere per me un aiuto.
Nei posti dove sono andata ho trovato un ambiente freddo, un ambiente scarso a livello di umanità, mi sono sentita un numero o ancor peggio un animale in una stalla.
Ho passato anni nell’oblio e nella dimenticanza, anni nel silenzio e dell’invisibilità.
La mia “particolarità” è che oltre al disturbo alimentare, soffrivo anche di mutismo selettivo per cui il senso di solitudine e di sconfitta, di incomprensione e di disprezzo era ancora piu alto e mi sentivo un caso perso.
Il mio grido di dolore lo sentivo solo io e persa nelle mie pene giunsi alla conclusione che forse per me non c’era soluzione. Sono arrivata inoltre a pesare 32 kg a causa dell’anoressia nervosa restrittiva arrivando a un passo dalla morte.

Quando mi sono rivolta al dca di Soccavo, è stato per me l’inizio di una vita.
Quel centro non ha preso in carico il mio disturbo, ma la mia persona. Ho trovato un ambiente accogliente, un ambiente dove a prendersi cura del paziente non era semplicemente la mia psicologa o nutrizionista ma anche gli altri psicologi creando una piccola famiglia.
Mi sono sentita amata, come in nessun altro posto avevo mai percepito di esserlo. Mi hanno accompagnata in ogni singolo passo verso la vita, giorno dopo giorno senza mai farmi sentire sola, consentendomi di avere un trattamento a 360 gradi.
Il centro dca di Soccavo è diventato per me una famiglia. La mia seconda famiglia. È per me la mia prima casa.
Quello non è un posto di cura della mente ma un posto di cura del cuore e dell’anima.

Quando ho saputo della chiusura sono morta. Morta, non avrei altre parole per descriverlo.
Il mio cuore ha smesso letteralmente di battere. Una pietra gigante mi è piombata addosso e la mia vita si è distrutta. È calato una coperta nera sui miei occhi dando solo spazio a dolore, e sconforto e disperazione.
Il centro dca di soccavo e’ stato anche il posto dove dopo 8 anni di silenzio a causa del mutismo selettivo ho iniziato a parlare.
Un posto dove la nutrizionista diventava anche psicologa, dove perfino i caposala erano coinvolti nel processo di cura improvvisandosi psicologi o nutrizionisti al bisogno.
Nessuno come loro era stato in grado di farlo. Quando si entra nel dca di Soccavo non si respira l’aria di un ambulatorio di ospedale o di asl. Si respira il profumo di casa, quella della nonna o delle madri, quello della vita e del calore umano. Quello della competenza, professionalità e umanità, della gioia, dell’unione, della simpatia.

È questo che può curare il dca: l amore. L’ empatia, il legame emotivo, i gruppi genitori, i gruppi famiglia dove ogni genitore e figlio poteva esporre il proprio dolore, i propri problemi, confrontandosi con gli altri ,i gruppi ragazzi, dove non ci si sentiva mai soli, i gruppi delle persone che soffrono di obesità, l’attività dello yoga, il gruppo di arteterapia Perché i disturbi alimentari hanno bisogno di amore, di ascolto, di presenza. Non sono patologie che si curano con un qualunque medico psichiatra, ma sono curabili da un’ equipe formata da varie figure che collaborano tra loro, che accompagnano il pazienti in ogni singolo passo, con tutto l’ amore del mondo
e lo dico per esperienza personale. E il centro dca di Soccavo offre tutto questo.

Chiudere il centro dca di Soccavo sarebbe come essere responsabili alla morte fisica e dell’anima di tanti altri ragazze e ragazze. Siamo in Italia, un paese dove il dca è ancora una patologia dimenticata, e c’era da ritenersi fortunatissimi di avere a Napoli questo centro. Noi pazienti verremo smistati alle varie asl del territorio andando incontro all’abbandono totale.
Iniziare un nuovo percorso con nuovi terapeuti è una condizione estrema di stress psicofisico, è’ destabilizzante e inoltre i dottori delle nostre asl di appartenenza non hanno le stesse competenze nel settore dei disturbi alimentari, e il 99,9 % non sanno nemmeno di cosa si tratta. Io personalmente sono affranta dal dolore. Non ho altre parole da dire. Mi sento persa e vuota, senza alcun punto d appoggio.
Le mie parole sono anche di tutti gli altri pazienti e famigliari che stanno passando questi giorni nella disperazione e che per anni hanno trovato nel dca di Soccavo un punto di aiuto fondamentale e inimitabile.
Il diritto alla cura appartiene a tutti e noi stiamo chiedendo di essere curati dal nostro centro.

Spero che possa aiutarci a diffonderci la notizia”.
© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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