Corrispondenza in carcere, vince il boss Antonio Orlando. La lettera inviata da Lubrano era stata trattenuta dal direttore del carcere dell’Aquila

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orlando antonio
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Trattenuta su richiesta del direttore del carcere dell’Aquila la corrispondenza del detenuto Orlando Antonio al 41 bis, alias Mazzolino, ritenuto a capo dell’omonimo clan operante a Marano, Quarto e Calvizzano. La Corte d’Appello ratificava ma poi, in seguito al reclamo del difensore di Orlando, accoglieva le tesi difensive.

LA STORIA.

In data 27/07/2019 l’Ufficio Censura segnalava al Direttore della Casa Circondariale de L’Aquila che la missiva proveniente da Lubrano Armando (nipote di Orlando Antonio), detenuto presso la Casa Circondariale di Nuoro e ritenuto affiliato al , contenesse “brani dal linguaggio criptico potenzialmente emblematici di una metodica di comunicazione con l’esterno di messaggi in codice che potrebbero lasciar trasparire la volontà di informare su situazioni che trascendono dalla specifica faccenda narrata ed estensibili a circostanze diverse …”.

Il provvedimento di non inoltro della corrispondenza veniva ratificato dalla Corte di Appello di Napoli; il detenuto Orlando Antonio proponeva tempestivamente Reclamo ritenendo palesemente ingiusta la decisione adottata.

All’udienza in camera di consiglio assumeva la difesa l’avvocato Rosario Pezzella, del foro di Napoli Nord, evidenziando alla Corte che con la recente Sentenza della Suprema Corte di Cassazione (N. 32452 del 22/02/2019, depositata il 19/07/2019), la V sezione penale ha  enunciato il seguente principio di diritto: in tema di controllo sulla corrispondenza del detenuto sottoposto a regime di detenzione speciale ex art. 41-bis ordinamento penale, la decisione di non inoltro, per essere legittima, deve essere motivata, sia pur sinteticamente e tenendo conto del bilanciamento tra ragioni ostensibili e rilievi non consentiti poiché confliggenti con esigenze investigative, sulla base di elementi concreti che facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura del testo.

In altre parole, l’avvocato Pezzella sottolineava che “il combinato disposto degli articoli 18 ter e 41 bis O.P. non può essere interpretato nel senso di consentire che diritti primari, di rango costituzionale, attinenti alla sfera privata e personalissima della persona ancorché detenuta, finiscano per essere sostanzialmente elisi o eliminati in via generale ed astratta; d’altronde, una lettura della disposizione di cui all’articolo 41 bis O.P. non costituzionalmente orientata ne determinerebbe la potenziale esposizione a dubbi di legittimità costituzionale in relazione alla violazione dell’Art. 15 della Costituzione (libertà della corrispondenza) ma anche dell’Art. 111 (giusto processo)”.

Nell’accogliere in pieno le tesi difensive, la Corte disponeva la restituzione della corrispondenza senza alcuna limitazione.

 

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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