L’imprenditore di Sant’Antimo Aniello Cesaro, imputato nel processo sull’area Pip di via Migliaccio, ha reso oggi in aula le sue prime dichiarazioni spontanee da quando il Riesame ha concesso – a lui e al fratello Raffaele, anch’egli rinviato a giudizio nel medesimo filone processuale – il beneficio degli arresti domiciliari fuori regione. Cesaro ha ribadito di “non aver mai minacciato l’ingegnere Nastro”, che eseguì – per conto dei Cesaro – il collaudo provvisorio delle opere di urbanizzazione e non quello definitivo. Cesaro ha ricordato ai giudici del tribunale Napoli nord “di aver regolarmente pagato Nasto e di essersi servito delle sue prestazioni professionali anche in una fase successiva al suo rifiuto di eseguire il collaudo definitivo”.
I carabinieri del Ros, ascoltati come teste, hanno ricostruito alcune fasi delle indagini, soffermandosi sulle anomalie dell’impianto fognario della strada in cui sorge il Pip (via Migliaccio), dell’impianto antincendio e delle distanze minime non rispettate tra i vari capannoni industriali. Cesaro ha ribadito che l’impianto fognario, oggetto di indagine da parte della Dda di Napoli, “non fu realizzato dalla loro società, ma dal Comune di Marano” che, a suo dire, sarebbe stato inadempiente su diversi aspetti, alcuni dei quali previsti nella convenzione firmata dalla loro azienda e l’ente maranese.
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