Omicidio Amelio, parla il pentito Perrone: “Fu Nicola Imbriani a pretendere una punizione”

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Sarebbe stato Nicola Imbriani, storico affiliato alla fazione criminale dei Polverino e già destinatario di una condanna a dodici anni di reclusione per traffico di stupefacenti e associazione mafiosa, a pretendere che il clan punisse l’imprenditore edile Enrico Amelio, originario di Mugnano e vittima di un agguato mortale nel 2006.

Quello che doveva essere soltanto una “lezione”, una gambizzazione, si trasformò invece in omicidio. Amelio, avvicinato dal killer assoldato dai Polverino nei pressi della scuola Gioberti di Quarto, il comune dove si consumò l’agguato, fu centrato da tre colpi alla gamba destra e una alla gamba sinistra. L’ultima pistolettata, però, recise l’arteria femorale dell’imprenditore, che da qualche anno si era trasferito a Gaeta, provocandone la morte. A fare il nome di Imbriani è stato Roberto Perrone, oggi collaboratore di giustizia, ma in passato elemento di primo piano della cosca egemone tra Marano e Quarto.

Il pentito, nel corso della deposizione resa ieri davanti ai magistrati della quarta sezione penale del tribunale di Napoli, ha dato la sua versione dei fatti. “Ero amico di Enrico Amelio e ho saputo della sua morte durante il periodo della mia detenzione. Uscito dal carcere – ha raccontato Perrone, difeso dall’avvocato Domenico Esposito – mi sono informato su chi fosse stato il mandante e l’esecutore dell’omicidio del mio amico. Seppi che Imbriani aveva chiesto a Giuseppe Polverino (in carcere dal 20012, ndr) di dare una lezione ad Amelio, poiché quest’ultimo non era riuscito a convincere lo zio, Leonardo Carandente Tartaglia, a non immischiarsi in un affare per l’acquisto di alcuni terreni nel comune di Quarto, per i quali i Polverino avevano mostrato particolare interesse”. Quei terreni, da utilizzare per una speculazione edilizia, avrebbero fruttato al clan almeno tre milioni di euro. “Giuseppe Polverino – ha aggiunto Perrone – accontentò Imbriani, che si era sentito offeso per il comportamento di Amelio. Per l’organizzazione del delitto furono convocati e coinvolti anche Giuseppe Perrotta (altro affiliato al clan, ndr) e Salvatore Liccardo”.

Nell’agguato, a vario titolo, secondo le ipotesi dell’accusa, furono coinvolti Claudio De Biase, Salvatore Liccardo, alias “Pataniello”, Salvatore Simioli, alias ‘o Sciacallo, Salvatore Cammarota, Giuseppe Polverino, meglio noto come ‘o Barone, e Gaetano D’Ausilio, da qualche anno collaboratore di giustizia. Per D’Ausilio, già ascoltato nei mesi scorsi dagli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia, a sparare ad Enrico Amelio fu Claudio De Biase, mentre gli specchiettisti che lo attirarono nella trappola quel martedì sera di undici anni fa (era il 10 ottobre) sarebbero stati Salvatore Liccardi e lo stesso D’Ausilio.

 

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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