Marano, caso Pip: il “moralizzatore” dell’Altra Marano interrogato nuovamente dai magistrati

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Sarà interrogato nuovamente oggi dai magistrati della Procura di Napoli l’ex sindaco Mauro Bertini, l’uomo che avviò l’operazione Pip e che, secondo il racconto di uno degli indagati, Aniello Cesaro, avrebbe ricevuto un prestito dallo stesso di 50 mila euro. Soldi che i Cesaro avrebbero versato in cambio di un allentamento della presa da parte di Bertini sull’affare Pip. Bertini, tra il 2009 e 2010, era consigliere di minoranza e fu autore del manifesto “Pitocchi a Marano”. Gli inquirenti vogliono vederci chiaro, non solo per quel che concerne i rapporti con i Cesaro, ma anche sulla natura dei rapporti tra Bertini e Angelo Simeoli, meglio noto come “Bastone”, imprenditore del mattone con cui Bertini sarebbe stato solito incontrarsi in quegli anni.

Di seguito l’articolo di qualche mese fa su Bertini e le operazioni in odor di malavita.

Non solo il Pip, non solo l’ampliamento del cimitero, non solo il Giardino dei ciliegi. Progetti, opere nate tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila che hanno avuto il decorso che tutti conosciamo, tra presunte e accertate infiltrazioni della malavita o di società vicine alla camorra (il caso del cimitero è emblematico), finanziamenti mai rendicontati, atti falsificati e convenzione sottoscritte a pochi giorni dalle elezioni. C’è anche un’altra vicenda su cui per anni, negli anni in cui la sinistra cittadina era fortissima e i giornalisti poco coraggiosi o attenti, si è fatta poca luce.

La vicenda è quella dell’acquisto del palazzo Merolla (siamo ai tempi della giunta Bertini), il palazzo della cultura da tempo abbandonato al proprio destino. Se ne discusse in un consiglio comunale di inizio anni Duemila e in un altro di qualche anno fa. Poi la cosa finì nel dimenticatoio.

La storia avrebbe dovuto far saltare sulle sedie non poche persone. Quel palazzo fu venduto dai proprietari a una società, la Tiziana costruzioni di Ferdinando Chiarolanza, condannato di recente a un anno e 10 mesi di reclusione (inchiesta camorra ed edilizia, Chiarolanza è identificato come prestanome dei Simeoli), per la cifra di poco superiore ai 300 milioni e riacquistato dall’ente cittadino nella stessa giornata per la cifra di un 1 miliardo e 200 milioni di vecchie lire. Quattro volte tanto nel giro di poche ore. L’atto di acquisto fu registrato in uno studio notarile di Grumo Nevano, dal notaio Ennio Del Giudice, alla presenza dell’allora segretario generale del Comune Tammaro D’Errico. Lo stesso studio, nella stessa giornata in cui la società proprietaria dello storico edificio aveva registrato anche l’atto di acquisto dai vecchi proprietari del Palazzo. Analogie quanto meno sospette. I lavori di ristrutturazione furono poi affidati alla ditta Mastromimico di San Cipriano d’Aversa, la stessa ditta che si è aggiudicata il bando per la realizzazione dei nuovi loculi al cimitero. I titolari della ditta, confiscata dallo Stato, sono in carcere in quanto ritenuti organici a una fazione dei Casalesi.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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