Camorra, carcere duro per Rosaria Pagano

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Il clan degli scissionisti incassa ancora due colpi: il carcere duro per la reggente, e l’arresto per un rampollo di famiglia. Il passaggio al più severo dei regimi detentivi è avvenuto a quattro mesi dall’arresto. Accolta la richiesta dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli (l’inchiesta è stata coordinata dai pm Vincenza Marra e Maurizio De Marco del pool guidato dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice). Troppo pericolosa, Rosaria Pagano per rimanere una detenuta comune. Troppo alta la possibilità che lei, la «zia Rosaria» delle intercettazioni e dei racconti degli ex affiliati, potesse dettare ordini anche dal carcere. Quello che è emerso dalle indagini, unito alle dichiarazioni di ex camorristi poi passati a collaborare con lo Stato, ha fatto emergere un ritratto di lei tale da rendere necessario un taglio netto con ogni suo possibile legame con il mondo esterno. Lo chiamano carcere duro, è il regime detentivo che prevede controlli elevati al massimo e possibilità di colloqui e contatti con l’esterno ridotti al minimo.

Vedova di un Amato, sorella di Cesare Pagano, «zia Rosaria» risulta legata filo doppio alla camorra. Ogni suo ordine veniva eseguito, ogni sua disposizione rispettata. «La zia Rosaria non strillava», ricordano gli ex affiliati. Al termine di ogni incontro con i fedelissimi del clan, capizona o capipiazza, si limitava a dire: «Ci siamo chiariti, non voglio sapere più niente». Non alzava la voce, ma sapeva farsi rispettare: chi andava ai suoi summit, ricorda un pentito, «non era mai sereno né quando andava né al ritorno».

Il Mattino

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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