Di norma le intercettazioni telefoniche dovrebbero arricchire il materiale probatorio e fugare la Corte – e non solo – da qualsiasi dubbio in merito allo svolgimento regolare dell’udienza e sulla valutazione della sentenza finale. Invece sembra non essere così nel processo con rito abbreviato in cui sul banco degli imputati ci sono il boss Carlo Lo Russo, Anna Serino, Luigi Cutarelli, Domenico Cerasuolo e Mariano Torre. Il quintetto è responsabile, secondo l’accusa, di aver architettato l’agguato mortale al pregiudicato Pasquale Izzi il 29 marzo 2015 nel quartiere di Miano a Napoli. Siamo a un punto in cui oggi da un lato abbiamo il pm anticamorra Enrica Parascandolo, ferma sul valore delle conversazioni registrate; dall’altro gli avvocati Domenico Dello Iacono e Annalisa Senese, difensori di lady camorra, che ritengono invece che i dialoghi in napoletano stretto della donna siano di difficile interpretazione, poco chiari e non utili ai fini del giudizio. Insomma un bel dilemma.

Sappiamo che il mandante fu Carlo Lo Russo. Ma procediamo con ordine. Al centro del dibattimento ora c’è la posizione della Serino e quello che avrebbe detto in cucina, alle sette del mattino poco prima dell’omicidio, rivolgendosi ai giovani davanti a cappuccini e cornetti. Le ha riferite o no determinate espressioni, quelle di incitamento ai killer? Nei verbali dell’interrogatorio l’imputata dichiara di non aver mai detto frasi del genere e l’ex coniuge Carlo conferma di non ricordare niente.

Il giudice dell’udienza preliminare (gup) Claudia Picciotti deve decidere anche sulla base delle nuove trascrizioni delle intercettazioni presentate dalla difesa. Varie sono le ipotesi e gli scenari. Nell’udienza, che si svolgerà il 28 novembre prossimo, si saprà se sarà nominato un nuovo perito o se le prove attuali siano sufficienti. Oppure si deciderà di emettere la sentenza.

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